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[RECENSIONE + INTERVISTA] Revengeance di Bill Plympton (e Jim Lujan)

Due nomination all’Oscar (1987 e 2005), Bill Plympton si autodefinisce il re dell’animazione indipendente. Ed è incredibilmente difficile dargli torto.

Nell’ultimo suo lavoro, un lungometraggio di un’ora e un quarto – dal titolo Revengeance – che abbiamo potuto vedere grazie alla disponibilità del co-produttore Marco Milone, Plympton anima il film completamente da solo, con uno stile ruvidissimo ed eccentrico, eccessivo e per questo originale, affascinante come le cose fatte a mano che trasudano la passione e la fatica di chi le ha create.

Revengeance sfugge alle definizioni perché ne crea continuamente di nuove, rimescolando generi cinematografici e personaggi, alcuni pulp e altri più sfuggenti, come Lana, la protagonista che di fragile ha solo l’immagine che gli altri si sono fatti di lei.

Plympton ha tutto per essere un vero eroe dei nostri tempi, retroguardia e allo stesso tempo avanguardia artistica, un creatore di spazi dove prima c’era solo la frustrazione per non aver raggiunto quel successo, quello degli Studios e dei tappeti rossi dove non puoi sgarrare nemmeno nella scelta dello smoking, obbligatoriamente uguale a quello di tutti gli altri. L’elogio di Revengeance è l’elogio al coraggio, alla diversità e alla vera alta definizione: quella del lavoro artistico a trecentosessanta gradi.

Ho avuto l’occasione di porre qualche domanda a Bill Plympton. Questo è quello che ne è venuto fuori.

SN: Com’è stato lavorare per la prima volta con un partner stretto, Jim Lujan?

BP: Lavorare con Jim è stata una grande esperienza: è un talento completamente da scoprire, uno scrittore brillante, un comico, grande disegnatore, musicista e artista della voce. Ha reso il lavoro molto più semplice per me… tutto quello che dovevo fare era disegnare! Potremmo lavorare insieme su un altro lungometraggio.

SN: Esteticamente, qual era il tuo obiettivo con Revengeance?

BP: Quello che mi è piaciuto moltissimo nel look di Revengeance, è stato l’aspetto rozzo, crudo del disegno che mi ricorda i fumetti underground. Ho avuto libertà illimitata nell’esagerare le forme dei corpi e gli sfondi. I personaggi sono vere caricature delle loro personalità e questo è stato molto divertente da realizzare.

SN: Pensi che il crowdfunding possa diventare un modo permanente per finanziare i tuoi film?

BP: Nel passato, ho sempre tentato di interessare gli Studios a finanziare i miei film, ma erano spaventati da un’animazione fatta per gli adulti e non per i bambini. Così è sempre finita in un vicolo cieco. Ma quando vado su Kickstarter ho a che fare con i miei veri fan, le persone che conoscono davvero il mio lavoro e che lo supportano. Non cerco finanziamenti governativi, non cerco finanziamenti aziendali o da Hollywood: vado diretto ai miei fan e questo è il modo in cui dovrebbe funzionare, perché tra l’altro è quello che mi permette di mantenere i diritti su ciò che creo.

SN: Qual è la scintilla della tua creatività, se ce n’è una?

BP: E’ nell’amore per il disegno. Posso disegnare per giorni interi e continuare a spassarmela. Mi piace immaginare come reagirà il pubblico e anche questo è una fonte di ispirazione. Ascoltare un cinema che ride e applaude alle proiezioni dei miei film mi dà un infinito piacere e… ha dato significato alla mia vita.

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