Sempre a proposito di anni ’80, famiglie americane, ragazzi e ragazzini e Steven Spielberg il 4 giugno del 1982 usciva nelle sale americane Poltergeist: demoniache presenze, il primo film commerciale del regista indipendente Tobe Hooper che negli anni ’70 aveva contribuito alla rivoluzione horror con il film Non aprite quella porta.
In Poltergeist non ci sono mostri umani ma si entra in un mondo impalpabile, incorporeo. Il paranormale fa questo effetto: L’esorcista suggestiona anche l’ateo perché parla della sconfitta del razionale, della fisica, della chimica, della medicina, insomma della scienza. L’idea che possa accadere spaventa anche perché la mente razionale sa che un concetto solo perché immaginato può diventare reale, perché l’uomo sa di avere una mente (il)limitata destinata qualche volta a ricredersi per stabilire di conseguenza nuovi parametri. Ogni invenzione o scoperta umana è il superamento di quel limite.
Poltergeist parla di una famiglia che ha da poco cambiato casa. Scoprirà molto presto che l’abitazione è infestata dagli spettri, la piccola Carol Anne (Heather ‘O Rourke) viene rapita dagli spiriti incazzosi e solo una potente medium (Zelda Rubinstein) è in grado di riportarla indietro. Ecco, prima parlavo de L’esorcista. Un film girato nel pessimisti anni ’70. Gli anni di Halloween, L’ultima casa a sinistra e, per l’appunto, Non aprite quella porta.
Non ce n’è uno che finisce bene, ci avete pensato? Dieci anni dopo come reagisce il mercato (sì, dobbiamo fare un discorso del genere perché a parte L’esorcista gli altri film citati sono tutte produzioni indipendenti, perché la rinascita dell’horror in America è arrivata grazie alle produzioni indipendenti), il potente mercato di Hollywood a questo ritratto amaro e sanguinoso che Hooper, Craven, Carpenter e altri dànno dell’America? Come risponde a quelle produzioni low-budget che incassano però tanti soldi? Tranquillizando il pubblico con il ritorno della vecchia favola in cui tutto finisce bene. Si ritorna alla vecchia idea che il nemico arrivi da lontano, niente più orrore che nasce direttamente in America come accadeva con Michael Myers o con la famiglia cannibale del Texas.
Artefice principale Steven Spielberg e le sue varie pellicole da regista e da produttore. Poltergeist rientra a pieno titolo nel filone ed è in questo senso l’anti Esorcista. Tanti i dollari stanziati soprattutto per la relizzazione dei nascenti effetti speciali digitali utilizzati per raffigurare il mondo dell’aldilà, trucchi da post-produzione realizzati dalla Industrial Light Magic di George Lucas. Tutto finto e rassicurante, spaventoso ma anche ironico, in altre parole inoffensivo. Però non si può parlare male di Poltergeist, anche se i trent’anni in qualche modo si sentono, perché comunque si sta parlando di un classico intoccabile non solo generazionale (la prima volta da ragazzino la scena dell’albero e qualla del pupazzo mi spaventarono, riviste qualche anno dopo niente di che) ma che ha fatto scuola.
A questo film ne fanno seguito altri due sempre con protagonista la giovane Heather ‘O Rourke morta per il morbo di Crohn poco dopo aver terminato le riprese del terzo capitolo.
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