Paolo Del Fiol con il suo nuovo lungometraggio A Meltykiss lost in the abyss si dimostra ancora una volta un autore indipendente ma nel vero senso del termine, capace cioè di fregarsene delle mode.
E il suo sguardo originale sta anche nel fatto che ha avuto la fortuna di incontrare Reiko Nagoshi, la sua compagna giapponese portatrice sana di una serie di influenze artistiche che i due fanno confluire in storie, in film e cortometraggi, originali.
Qui lei interpreta Umeko: un personaggio che, anche se si vede poco, è importante per lo sviluppo della storia che ruota attorno a cinque donne che si sottopongono ad una terapia medica innovativa che promette di riequilibrare il cervello (superando così problemi psicologici di vario genere) grazie all’ascolto di suoni ad alta frequenza provenienti dall’oceano.
L’attrice che nessuno vuole più (Erika Saccà, di nuovo con Del Fiol dopo Devil Times Two), la ballerina infortunata (Martina Vuotti), l’ex tossica (Francesca Cavallo), la donna in carriera dall’appetito incontrollabile (Ilaria Monfardini), e per finire la candida assistente dello studio medico (Fabiola La Gala) dove la terapia viene effettuata.
Trattamento condotto dai dottori Fabio Moretti (Paolo Salvadeo) e Carmen (Amira Lucrezia Lamour) Hernandez. Con loro c’è anche il fratello di Carmen, Toto, (lo stesso Del Fiol).
Che la cura miracolosa di A Meltykiss Lost in the Abyss avrà le sue micidiali conseguenze sulle povere cinque cavie è abbastanza scontato, perché è così che deve andare in questo genere di storie. Dove Paolo Del Fiol si differenzia è negli sviluppi di questo declino che si fa sempre più lisergico, folle e splatter (effetti curati da Davide Pesca), tra influenze orientali e occidentali. In questo audace accostamento degli opposti, potremmo dire, il sorpasso definitivo dalla massa Del Fiol lo effettua forse nel poetico finale: in quell’ingresso nell’aldilà in bilico tra crudeltà e dolcezza, realtà e allucinazione finale.
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