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[RECENSIONE] Source Code (Duncan Jones)

Alla sua seconda regia nel lungometraggio Duncan Jones affronta in qualche modo lo stesso tema che è quello della ricerca dell’identità ma lo fa abbandonando il pessimismo che aveva caratterizzato il suo primo Moon (link alla recensione).

Colter Stevens (Jake Gyllenhaal) è un pilota di elicotteri che si risveglia su un treno davanti ad una bella ragazza (Michelle Monaghan) che lo chiama con un altro nome. Il tempo di capire che si trova effettivamente nel corpo di un’altra persona (la sua immagine riflessa negli specchi è quella di un altro) che il treno su cui viagga esplode. Il militare si ritrova dopo l’esplosione in una strana cabina dove alcuni militari (Vera FarmigaJeffrey Wright), tramite un monitor, gli comunicano che fa parte di un esperimento chiamato Source code che gli permette di vivere gli ultimi otto minuti di una persona deceduta. Lo scopo del Source code è di trovare l’attentatore del treno per evitare che faccia altre stragi, ma in nessun modo è in grado di cambiare il corso degli eventi passati che si vanno a rivivere.

Colter Stevens con la sua nuova identità del professore universitario Sean Fentress torna più volte indietro nel tempo rivivendo quei disgraziati ultimi otto minuti prima della deflagrazione cercando di capire chi sia l’attentatore ma trova anche il tempo per scoprire che cosa sia successo al suo vero sé, al pilota di elicotteri in missione in Afghanistan.Cosa gli sia successo è fin troppo facile immaginarlo, come finisca questa storia, troverà il terrorista, riuscirà a disinnescare la bomba salvando il treno passeggeri?, idem: siamo ad Hollywood e non ci si può aspettare mica un finale depressivo.

Duncan Jones (figlio di David Bowie, ricordiamolo) rispetto a Moon non è anche autore della storia, qui si limita solamente a girare la sceneggiatura di Ben Ripley cercando però di dargli uno stile più personale possibile. Il risultato è un film d’azione davvero ben fatto con un buon ritmo che poteva spaccare se solo avesse avuto un altro finale, ma magari così la penso solo io.

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