Il paese che resta più impresso per la produzione cinematografica Espressionista è la Germania, ed il film più rappresentativo è indubbiamente Il gabinetto del dottor Caligari. L’Espressionismo appare nei primi del ‘900 e costituisce il moto inverso all’Impressionismo, ossia dall’interno all’esterno: dall’anima dell’artista direttamente nella realtà, senza mediazioni. Il senso dell’Espressionismo produce una ribellione dello spirito contro la materia e quindi gli occhi dell’anima sono la base di partenza della poetica espressionistica.
La natura dell’espressionismo è ricca di contenuti sociali, di drammatica testimonianza della realtà. E la realtà tedesca di quegli anni, è la realtà amara della guerra, di contraddizioni politiche, di perdita di valori ideali, di lotte di classe… e proprio questi furono i temi principali e dolorosi degli espressionisti.
Inoltre gli artisti espressionisti polemizzano contro la società borghese, contro l’alienazione del mondo del lavoro, contro la visione positivistica del mondo, dello scientismo e delle leggi di causalità.
Queste tematiche son riscontrabili anche nei pochi esempi di cinema espressionista Italiano, che negli anni ’30 arriva perfino a sfornare dei piccoli gioiellini “horror” ispirati ad Edgar Allan Poe (e purtroppo quasi ignoti ai più!) firmati da personaggi illustri.
Il caso Valdemar: abbiamo qui una versione personalissima della celebre novella sulla sospensione della morte…. realizzata nel 1936 con classe, con intense espressioni e potenza del dettaglio, forte di inserti, primissimi piani, virtuosismi e chiaroscuri. Italiana anche la localizzazione della vicenda, e c’è del fascino in quest’interpretazione di un racconto originariamente ambientato negli Stati Uniti…
Interessante notare che uno degli autori sia stato Gianni Hoepli (si, proprio il celebre editore) assieme al documentarista Ubaldo Magnaghi.
Ambientazione italianissima anche per il precedente Il cuore rivelatore (1934) di Alberto Mondadori (curiosamente anche qui alla regia, c’è un futuro editore!). Questo corto ha uno stile più incisivo e reale, che sposa quasi più il nascente neorealismo, preoccupandosi di creare l’atmosfera allucinata con uso non eccessivo di puri espedienti tecnici (fotografia di Cesare Civita, sovraimpressioni etc); ne consegue una maggior chiarezza nel racconto cinematografico, che procede abbastanza sostenuto anche per la buona interpretazione. Da segnalare le scenografie a cura di Alberto Lattuada.
È indubbio come queste opere “sperimentali” e assolutamente avanguardistiche nei contenuti (per l’epoca) siano il frutto di una serie di sinergie fra personaggi provenienti da diverse formazioni ed ambienti culturali. Questo mix (tanto assente nel cinema di oggi) si avverte e ci ricorda le collaborazioni (non inconsuete) fra Bunuel e Dalì (Chien andalou, Age d’or)… o Dalì ed Hitchcock (Io ti salverò).
Magnaghi non a caso esordisce nel documentarismo facendo tesoro delle avanguardie cinematografiche europee degli anni ’20, e Valdemar sarà l’unico lavoro di “finzione” realizzato dal regista, che negli anni ’40, ’50 e ’60 proseguirà il suo percorso all’interno del documentario ma in enti fortemente istituzionalizzati, quali l’Istituto Luce e, dal 1953, la Incom, che alla sperimentazione lasciano ben poco spazio.
Da segnalare gli effetti speciali nel caso Valdemar che sfociano in un finale degno dei migliori lavori di Lucio Fulci. Incredibile vedere cosa son riusciti a fare 80 anni fa i nostri “sperimentatori” e quanta pochezza e approssimazione c’è oggi nel realizzare cose pur avendo a disposizione mezzi e scappatoie tecniche già collaudate da altri senza doverle stare ad inventare da zero.
Monicelli (qui sceneggiatore e aiuto regista) invece continuerà una carriera folgorante fra teatro e cinema, non disdegnando spesso atmosfere grottesche e (quasi) horror per i suoi lavori fra cui il crudo Un borghese piccolo piccolo e Arsenico e vecchi merletti per il teatro.
Salve! Io mi chiamo Antonietta Masina e… già, con un nome così, non potevo che amare il cinema.
Son quindi cresciuta fra scherzi, assonanze e rimandi…ad una delle attrici (e muse) più immense; non potevo non conoscere lei (Ovvio, parlo di Giulietta Masina!) ed i film che ha interpretato; grandi film di uno dei più grandi registi di tutti i tempi.
Alle medie, il mio nome venne rielaborato dai compagni di classe in “Antonomasia” e, mentre le altre bambine giocavano con i principi azzurri, io sognavo… sognavo quei cappelli, quei costumi, quei colori… che mi portavano su altri piani di realtà nonostante Fellini stesso affermasse “Non voglio dimostrare niente, voglio mostrare.”
Ai tempi del liceo poi, si parlava spesso con amici su quale fosse la “Birra per Antonomasia”, “la Canzone per Antonomasia” o “il Film per Antonomasia”… che quasi predestinata, scelsi poi di studiare comunicazione per poter lavorare in questo campo, e far sì che “Antonomasia” in persona potesse rispondere alle loro domande!
Chi scrive è una ragazza, anzi, una “persona” che ama il cinema; Il cinema quello fatto con passione, con serietà, ma non seriosità; il cinema condiviso e discusso con chi lo ama, con chi va al cinema (e andare al cinema è come andare in Chiesa per me, con la differenza che la Chiesa non consente il dibattito, il cinema sì).
Ho una forte predilezione per il cinema fantastico ed horror, il mio fine non è solo quello di condividere i miei pensieri o recensire un film specifico (NON sono un critico, né conosco tutto… anzi, ho molti limiti e carenze che spero di colmare), ma anche discutere sulle motivazioni ed i sottotesti di interi generi.
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