Sono un campione di banalità e osservazioni stupide ma la cosa che mi ha colpito di più in Cowboys & Aliens probabilmente è quella contenuta nei titoli di coda.
Lì infatti leggo che il regista Jon Favreau aveva un assistente, mentre il produttore esecutivo Steven Spielberg due. Osservazione che dice tutto e niente di un film che osa ma fino a un certo punto salvo poi riprendersi con un finale sfaccettato, che non ci si aspetta.
Si racconta, ma chi non lo sa?, siamo nel far west, di un tizio senza memoria (Daniel Craig) con un bracciale misterioso che arriva in un villaggio assalito da alieni rapitori. Il tizio risulta essere un malvivente di nome Jake, scopre che il bracciale è un arma micidiale e decide di unirsi al rude Harrison Ford per riprendere le persone rapite dagli alieni. Si alleano con gli indiani, anche loro vittime degli extraterrestri, grazie a loro e a un loro intruglio drogato ritrova la memoria e ricorda così non solo il perché del bracciale (è stato rapito ecc.) ma tante altre cose legate a quell’evento che forse era meglio lasciare nell’oblio.Tant’è.
Jake rimane col gruppo perché non ha nulla da perdere, perché è l’eroe destinato ad entrare nella caverna più inaccessibile per dare a tutti l’opportunità di una seconda possibilità. I visi pallidi che fanno pace coi pellerossa, il padre che azzera il rapporto con il figlio, tutti grazie a lui ne hanno una e sembrano non volerla sprecare, hanno imparato la lezione, sono stati vicini alla morte, funziona così.
Solo lui, anzi, proprio lui invece decide di scegliere la solitudine, cioè la morte*, come suo finale. E qui finisce il politicamente corretto e arriva qualcosa che sinceramente non mi aspettavo da questa americanata.
* anche per come saluta Dolarhyde alla fine, chiamandolo comandante (o capitano o quello che è).
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