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[NEWS] I film in concorso al ToHorror Fantastic Film Fest 2022

Con la conferenza stampa di ieri sera il ToHorror Fantastic Film Fest ha divulgato i titoli di tutte le opere cinematografiche in concorso e fuori concorso dell’edizione 2022 (18 – 23 ottobre).
12 sono i film in concorso. Ve li presentiamo velocemente. Se il titolo è cliccabile vi rimanda alla nostra recensione.

A Wounded Fawn di Travis Stevens. (USA).

Cast: Sarah Lind, Josh Ruben, Malin Barr, Katie Kuang, Laksmi Hedemark, Tanya Everett.

Dopo un’esperienza violenta con il suo ex e l’elaborazione del trauma, Meredith inizia a uscire con Bruce. In apparenza premuroso, l’uomo è in realtà un serial killer. Una nottata romantica in un cottage si trasforma in un incubo (ma per chi?), al cospetto delle Erinni. Una rilettura in due atti del filone revenge al femminile, con morbose radici ben piantate nel passato (fra giallo all’italiana e psycho-thriller, ma senza logoro citazionismo) che man mano diventano altro, sbocciando in un delirio visivo senza precedenti nel cinema di genere recente. Come uno schianto frontale tra surrealismo, espressionismo, Craven, Raimi e nuove correnti dell’horror indipendente contemporaneo.

All Jacked Up And Full Of Worms di Alex Phillips. (USA).

Cast: Phillip Andre Botello, Trevor Dawkins, Betsey Brown, Sammy Arechar, Mike Lopez, Noah Lepawsky.

La vita di alcuni individui, giunta ognuna a suo modo al limite, si intreccia nei pressi di un motel fatiscente. Il confine tra allucinazione, psicosi e realtà crolla quando qualcuno inizia a usare vermi come droga. Micro-budget, cast ridotto, massima libertà (anti)narrativa, effetti speciali artigianali a briglia sciolta: un gioiellino mostruoso che riecheggia i più folli drug movies, l’assurdità camp di Waters, l’horror indisciplinato di Fessenden e Henenlotter, l’anima lercia e dissidente di Street Trash e Combat Shock. Un piccolo grande film di genere che (giustamente) contrappone al mainstream pulito e ordinato i suoi estremi opposti: la sgradevolezza, lo sbandamento, il disagio.

Devil’s Residents di Katsumi Sasaki. (Giappone).

Cast: Cocoro Ebino, Kento Ono, Takeuchi Hana, Miyu Kojima.

Un’attrice e due youtuber accettano di trascorrere alcune notti a pubblicare dirette social da un edificio in passato luogo di efferati omicidi e oggi, a quanto si dice, infestato. Strane apparizioni e avvenimenti inspiegabili entrano subito in scena: ma se fosse davvero una “scena” a beneficio di smartphone e viewers? L’iniziale canonica derivazione J-Horror si sfracella presto in un’anarchia splatter caotica e liberatoria, in un film sgrammaticato e anomalo che mette insieme black humor, riflessioni sotterranee sulla morte del mistero ai tempi dei social media, cultura pop e tentazioni grand guignol quasi fulciane. Un guilty pleasure irrinunciabile.

Glorious di Rebekah McKendry. (USA).

Cast: Ryan Kwanten, J.K. Simmons, Sylvia Grace Crim, André Lamar, Tordy Clark, Sarah Clark.

Non è un bel periodo per Wes. Ha seri problemi con la sua fidanzata Brenda e ora, dopo una nottata di alcol e disperazione, è rimasto bloccato nel bagno di una stazione di servizio. Per di più, attraverso il glory hole di uno dei divisori, uno sconosciuto proclama di essere un’antica divinità e di avere un compito per lui: salvare l’universo! Insolito fanta-horror da camera, un duello dialogico in cui si sommano ironia dirompente, mostri tentacolari, chiacchiere filosofiche da cesso, orrori cosmici lovecraftiani e gustose impennate gore. Una Cthulhu-comedy che sotto la superficie cova le tenebre e la ferocia degli abissi in cui l’essere umano è capace di affondare.

La otra forma di Diego Felipe Guzman. (Colombia). ANIMAZIONE.

Futuro prossimo. Con l’aiuto di eccentrici macchinari, gli esseri umani tentano di modellare il proprio corpo a forma di quadrato: è l’unica via per poter essere selezionati dalle alte sfere e spediti su un paradiso artificiale cubico sulla Luna, con la promessa di una vita migliore. Ma un uomo inizia a farsi domande, aprendo una crisi strutturale. Presentato al Festival di Annecy 2022, un film d’animazione figlio della fantascienza grottesca di Brazil e delle distopie più amare e incendiarie, da Orwell a Bradbury, che rimette la limpida metafora politica nelle mani di uno stile grafico nervoso e strampalato.

Mandrake di Lynne Davison. (UK).

Cast: Deirdre Mullins, Derbhle Crotty, Paul Kennedy, Seamus O’Hara, Nigel O’Neill, Ian Beattie, Sara Dylan.

Cathy è una funzionaria di sorveglianza alla libertà vigilata in una piccola città nordirlandese. Il suo ultimo incarico è Mary Laidlaw, assassina da poco scarcerata e da tutti ritenuta una strega. Lo scetticismo e l’etica professionale di Cathy vacillano quando due bambini spariscono nei boschi attorno alla proprietà di Mary. Plumbeo, macabro, un thriller macchiato di folk-horror che scardina i luoghi comuni del tornato-in-auge sottogenere stregonesco affidandosi a un approccio antiestetizzante, anticonsolatorio, quasi un Ken Loach del terrore che fa i conti con un mondo colmo di ingiustizia e violenza in cui si scontrano responsabilità sociale e individuale (e tutti perdono).

Gli altri 6 film in concorso per il ToHorror Fantastic Film Fest sono:

Megalomaniac di Karim Ouelhaj. (Belgio).

Cast: Eline Schumacher, Wim Willaert, Benjamin Ramon.

Martha ha un peso enorme addosso: lei e suo fratello Félix, con cui divide un legame di malsana interdipendenza, sono i figli del Macellaio di Mons, noto assassino belga (realmente esistito). Dopo aver subito un abuso sessuale sul posto di lavoro, Martha sprofonda nella pazzia, forse finalmente accettando l’eredità paterna come Félix ha fatto prima di lei. Un serial killer-movie che fa detonare la ferocia di Martyrs e della New French Extremity, l’alienazione di Schramm e Angst, il degrado di Maniac in un’opera che esteticamente guarda tanto alla videoarte quanto alla pittura romantica e simbolista più oscura, e attua uno scomodo gioco di rimandi tra vittime e carnefici.

Polaris di Kirsten Carthew. (Canada).

Cast: Viva Lee, Muriel Dutil, Charlene Francique, Dinah Gaston.

Una bambina allevata da un orso affronta la spietata bestialità di un mondo futuro ricoperto dai ghiacci, mentre insegue la Stella Polare. Sul suo cammino, bellicosi clan territoriali e una ragazza ibernata che nasconde qualcosa dentro di sé. Sorprendente riformulazione dell’action distopico on the road alla Mad Max. In uno scenario in cui la legge non esiste (più) se non quella della sopraffazione, tra inseguimenti, violenza esplicita e riverberi ecofemministi emerge assordante un’altra consapevole assenza: quella dei dialoghi, del verbo, trasformato in grida di rabbia e grugniti, premonizione di una civiltà senza lingua (perciò senza civiltà).

Raquel 1:1 di Mariana Bastos. (Brasile).

Cast: Valentina Herszage, Emílio de Mello, Eduarda Samara, Priscila Bittencourt.

Raquel, adolescente devota religiosa, si trasferisce con il padre in una cittadina dove presto entra a far parte della comunità cattolica locale. Ma un’ambigua chiamata spirituale le dona il marchio dell’eretica, scatenando l’aggressività popolare. L’iconografia del cinema sulle possessioni sfuma in un’atmosfera sospesa ed enigmatica che ricorda il Weir di L’ultima onda e Picnic ad Hanging Rock e svela una palpabile inquietudine nel fissare negli occhi l’isteria della fede, l’inestirpabile reazionarismo delle collettività. Eterne categorie dogmatiche (colpa, espiazione, martirio) vengono ribaltate in un epilogo (che è anche un inizio) magnificamente blasfemo.

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Saloum di Jean Luc Herbulot. (Senegal).

Cast: Yann Gael, Roger Sallah, Evelyne Ily Juhen, Mentor Ba, Bruno Henry, Marielle Salmier.

Un terzetto di mercenari, dopo aver rubato un tesoro e rapito un barone della droga, si nasconde in uno remoto resort senegalese per far placare le acque. La loro presenza, quella di una tenebrosa ragazza muta e quella di un poliziotto in vacanza forse non sono casuali, e non sono le uniche “presenze” sul posto. Action-horror africano che richiama John Carpenter e Walter Hill non solo nella resa puramente cinematografica ma anche (e soprattutto) nella tensione politica, annidata in una vicenda che evolve con impressionante maestria dal pulp scanzonato alla suspense estrema, fino a un assalto finale che non si dimentica, tra denuncia e adrenalina.

Skinamarink di Kyle Edward Ball. (Canada).

Cast: Lucas Paul, Dali Rose Treteault, Ross Paul, Jaime Hill.

Due bambini, Kevin e Kaylee, si trovano in casa di notte ma c’è qualcosa di strano: i loro genitori sembrano scomparsi, così come porte e finestre. La televisione intanto trasmette vecchi cartoni animati. Audace esperimento sulla messa in forma, in quadro e in discussione dei topoi del cinema delle case infestate (jumpscares inclusi), ha l’efficacia teorica di un video essay ma, calato in un costante buio granuloso e perturbante in cui le figure si distinguono appena, non dimentica qual è l’aspetto essenziale e primordiale del genere: fa una paura del diavolo. Un Poltergeist dilatato e astratto, costruito per accumulo su un radicale fuori campo.

Syk Pike (a.k.a. Sick of Myself) di Kristoffer Borgli. (Norvegia).

Cast: Kristine Kujath Thorp, Eirik Sæther, Fanny Vaager.

Signe e Thomas stanno insieme. Quando lui guadagna fama nel mondo dell’arte contemporanea norvegese, lei inizia ad assumere un farmaco illegale che le deturpa il viso, per cercare di spostare tutta l’attenzione su di sé. Tragicommedia nerissima dove il protagonismo compulsivo, le nuove forme (comunicative) della mostruosità, il capitalismo delle immagini (individuali) si lasciano contaminare da un gusto grottesco alla Palahniuk (Invisible Monsters) e dal body horror. Un racconto di deformazione terminale, di nevrotizzazione del desiderio e dell’attrazione, il resoconto (disperatamente comico e senza redenzione) di una catastrofe relazionale tra ego, corpi e società.

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