Per pagare un debito con la mafia dell’est, gli amici Secco e Zagaglia, tossici delinquenti romani, fanno sporche commissioni recapitate sul deep web.
Tra richieste sempre più violente e assurde, Amore Acido si muove nella periferia per mostrare il peggior degrado umano rappresentato dalle azioni di due individui ai margini, disadattati, asociali, senza remore né paletti morali.
Tra i due personaggi un minimo di scrupoli pare farseli venire solamente Secco. Solo lui dimostra di possedere un poco di umanità. Si ricrea così in qualche modo il rapporto che c’è tra i due protagonisti di Henry Pioggia di Sangue, con Otis vero personaggio negativo rispetto ad Henry.
Tra crudo realismo gore-splatter e intermezzi onirici-psichedelici, Amore Acido è un film disperato, cinico, senza sbocchi, vie di fuga, possibilità di farcela, avvolto perennemente da un cielo che nega la comparsa del sole.
Chi porta uno spiraglio di luce livellatore è il personaggio della ragazza sfigurata interpretata da Danila Tropea.
Con l’occhio del telefonino in sostituzione di quello fuori uso (che fa da contrappunto anche a quello di vetro del russo) sembra rappresentare la pura vendetta, la paura, ma anche il suo contrario: la capacità cioè di fermare l’odio che (la) corrode, forse addirittura il perdono. È lei ad aprire e chiudere il film con un grido lancinante e con un sorriso.
Il dubbio resta e conclude il terzo film di Dario Almerighi avvolgendolo di ambiguità e domande. Per temi trattati e realizzazione Amore Acido è un prodotto indipendente sopra la media che pecca però un po’ di didascalismo in alcune battute che si scambiano i due amici protagonisti ben interpretati dal Secco Alfredo Angelini (anche produttore) e Fabrizio Bordignon.
Il coraggio del film non sta tanto nelle violenze mostrate ma nella capacità di svoltare inaspettatamente, chiudendo con un briciolo di speranza una storia che mostra il peggio dell’umanità.
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