klub99.it

Aaron Schimberg (A Different Man) parla del mestiere di regista e sceneggiatore

Aspettando che arrivino buone notizie su una distribuzione italiana della commedia nera-thriller prodotta da A24 A Different Man (di solito se ne occupa I Wonder Pictures, vedremo) vi facciamo leggere una nota introduttiva scritta dal suo sceneggiatore e regista Aaron Schimberg.

A Different Man racconta la storia di Edward (Sebastian Stan): un aspirante attore affetto da neurofibromatosi che si sottopone a un intervento di ricostruzione facciale. Dopo che l’intervento va a buon fine sviluppa però un’ossessione per Oswald (Adam Pearson): l’attore che lo interpreta, affetto anch’egli dalla stessa malattia, nella pièce teatrale basata sulla sua vita.

Aaron Schimberg ha già scritto e diretto i film Go Down Death (2013) e Chained for Life (2018), entrambi inediti in Italia. Anche in Chained for life si parla di attori e di volti sfigurati e vi recita Adam Pearson, già visto in Under the Skin di Jonathan Glazer.

Una Cosa Divina: una nota di Aaron Schimberg.

“La parte peggiore del fare film, parlo solo per me, è fissare una pagina bianca. 0 pagine, 120 da fare, forse 210 se mi sento ambizioso. Teoricamente lo sono, ma sono anche pigro. Come riempire quello spazio vuoto e non solo con parole a caso? Niente si frappone tra me e il più grande capolavoro mai scritto, tranne la mia mediocrità.

La prima cosa da fare è smettere di paragonare la mia sceneggiatura non scritta ai grandi romanzi. Almeno confrontarla con qualcosa che può essere facilmente eseguito, come Amleto.

Perché scrivere una sceneggiatura? Chi lo chiede? Nessuno, ovviamente. Devo farla diventare realtà sotto il mio sguardo autocritico e nonostante le mie innovative tecniche per rimandare. Sfortunatamente il peso del non scrivere è troppo da sopportare. Il potenziale film, anche nella sua forma irrealizzata e confusa, è un demone che mi possiede e l’unico modo per esorcizzarlo è metterlo sulla pagina e infine sul “grande schermo”, per liberarlo nel mondo.

Una metafora scadente. Il mio film non è un demone, è una cosa divina che proviene da un luogo di amore, integrità, virtù. E di ego: il mio bisogno fondamentale, per quanto vergognoso, è di essere visto e ascoltato, di esprimere parti di me che sono state negate.

Se un regista (che scrive) riesce a superare quelle 120 pagine circa, inizia la parte divertente. La verità è che non sono mai felice come quando giro un film, non tanto perché mi diverto attivamente ma per lo stress implacabile che mi toglie anni di vita.

Ciò che rende il cinema così gratificante è la possibilità di lavorare con tante persone di talento che portano pezzi di sé a una visione che inizialmente era compromessa dai miei limiti.

Ho offerto indicazioni, idee e riferimenti, ma non ero personalmente responsabile, anche se ho sempre sentito il peso di quelle responsabilità. Per lo più ho detto “sì” o “no”. Ogni tanto “Non lo so, cosa ne pensi?”. Accettavo, rifiutavo, adattavo, perfezionavo, chiedevo educatamente, cambiavo idea, anche se non troppo spesso, con solo 22 giorni a disposizione.

La prima idea è di solito quella su cui abbiamo agito. Ho scelto grandi attori, ho assunto collaboratori straordinari, mi sono fidato delle persone giuste e loro si sono fidati di me. Sebbene appartenga a tutti coloro che l’hanno realizzato, A Different Man rimane estremamente personale per me, e anche se non è Moby Dick, ci sono alcuni sentimenti e idee che ho espresso in questo film che ho desiderato condividere per gran parte della mia vita.”.

La versione integrale in lingua inglese la potete leggere a questo link.


Pubblicato

in

,

da

Commenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *