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[EXTRA] Il cinema horror e sci-fi degli anni ’80 (ma non solo) che ha criticato il consumismo

Dagli anni ’50 grazie alla ripresa economica si è andata intensificando sempre più, in tutti gli Stati vincitori e vinti del secondo conflitto mondiale, la produzione in serie di oggetti vari di consumo. Non solamente cose utili come possono essere i mezzi di trasporto: quello che si va a produrre nelle industrie e distribuire in numeri sempre maggiori sono anche oggetti che hanno come solo scopo il divertimento.

A contribuire alla loro diffusione ci sono le pubblicità che arrivano ovunque attraverso manifesti e cartelloni, radio e giornali. Ma soprattutto utilizzando il nuovo mezzo di comunicazione della televisione. È lì che vanno in onda spot studiati per entrare in testa con immagini, frasi e musichette che acchiappano affinché si esca di casa per acquistare quel prodotto.

Pubblicità che col passare degli anni vanno sempre più inventando un altro mondo, un’altra realtà. Si rappresenta una società perfetta, la nostra felicità, che si ottiene però solamente se si acquista quel prodotto. È questo il messaggio che subdolamente ci arriva. Sei qualcuno solamente se possiedi quel prodotto. Una volta però comprato quell’oggetto accade che ne esce subito un altro: migliore, aggiornato, più bello. Magari di una società-industria concorrente a quella del prodotto che abbiamo noi. E scatta qualcosa nella nostra testa che ci invoglia a ripetere il senso di appagamento che l’acquisto ci aveva dato.

Gioca un ruolo importante in questo ambito per moltissimi prodotti anche l’obsolescenza programmata: un’area temporale di scadenza prestabilita superata la quale l’oggetto diventa inutilizzabile.

Questo è il consumismo.

Le inserzioni pubblicitarie, gli spot televisivi, spingono non solo la vendita dei prodotti in sé ma anche dei loro accessori. Perché l’oggetto che vende davvero ha intorno tutto un mondo fatto di altri prodotti da abbinare al principale.

Questo tipo di economia è andato sempre più aumentando negli anni grazie non solo alle pubblicità e al loro mondo perfetto. A disegnare gli oggetti industriali che vanno per la maggiore sono spesso artisti affermati capaci di unire utilità e bellezza in un unico prodotto. Pensiamo ad esempio a Corradino D’Ascanio e alla sua Piaggio Vespa, o alla radio cubo di Brionvega dell’architetto Marco Zanuso e del designer Richard Sapper. Due prodotti industriali esposti oggi nei musei.

Cinema horror e fantascientifico degli anni ’80 e consumismo.

Negli anni ’80 questa economia esplode e il cinema horror l’ha raccontata e criticata abbandonando i vecchi personaggi maligni in carne ed ossa, o comunque dall’aspetto umano, a favore di oggetti di uso comune apparentemente innocui. Accessibili a tutti o molto desiderati, questi oggetti (maledetti, stregati, diabolici, viventi) diventano facili metafore del consumismo e quindi una critica al capitalismo. Anche perché con il loro fascino riescono spesso ad abbindolare il povero malcapitato protagonista. Lo trasformano in un oggetto a sua volta, nel mezzo per diffondere prima e meglio il male che rappresentano. In altre parole nel loro schiavo. Vuoi che siano dei barboni della cui sorte non interessa a nessuno. O degli adolescenti con i loro problemi (tra bullismo e puritanesimo).

Avviso importante.

Nel post prenderemo come esempi un po’ di film, parlando spesso delle loro trame.

I film sono (in ordine alfabetico):

Bad Taste – Fuori di testa (1987) di Peter Jackson.
La bambola assassina (1988) di Tom Holland.
La bambola assassina (2019) di Lars Klevberg.
Christine: la macchina infernale (1983) di John Carpenter.
Dèmoni 2… L’incubo ritorna (1986) di Lamberto Bava.
Halloween III – Il signore della notte (1982) di Tommy Lee Wallace.
Horror in Bowery Street (1987) di Jim Muro.
L’implacabile (1987) di Paul Michael Glaser.
M3GAN (2022) di Gerard Johnstone.
Poltergeist (1982) di Tobe Hooper.
Small Soldiers (1998) di Joe Dante.
Stuff: il gelato che uccide (1985) di Larry Cohen.
Terror Vision – Visioni del terrore (1986) di Ted Nicolaou.
Videodrome (1983) di David Cronenberg.
Videokiller (1988) di Jeff Lieberman.
Vivarium (2019) di Lorcan Finnegan.

Bambole e affini.

Le bambole (possedute, assassine) erano un tema ricorrente nel cinema horror: dai pupazzi dei ventriloqui di Incubi Notturni (1945) e Il mostro e le vergini (1964), ai feticci messicani di Trilogia del terrore* (1975).

Sono bambole però uniche nel loro genere. Nel senso che sono pezzi unici, artigianali, realizzati a mano.

Con La bambola assassina (t.o. Child’s Play, 1988) di Tom Holland il discorso cambia.

Il film si apre sul serial killer Charles Lee Ray (Brad Dourif) braccato dalla polizia e morente che si rifugia in un negozio di giocattoli dove sono accatastate enormi pile di una bambola parlante all’ultimo grido. L’assassino attraverso il voodoo, prima di spirare, riesce a traferire la sua anima in una di quelle bambole, che poco dopo viene regalata da una mamma single (Catherine Hicks) al figlio Andy di sei anni.

Horror anni '80: La bambola assassina di Tom Holland
Alex Vincent nel film La Bambola Assassina (1988) di Tom Holland.

Bambino problematico e il suo inseparabile pupazzo Chucky, che però quasi da subito inizia ad ammazzare. Il primo indiziato è proprio l’innocente Andy (Alex Vincent), ed ad incastrarlo c’è anche il consumismo. Lo si vuole colpevole perché si trova sempre vicino ai luoghi degli omicidi, in più ha più o meno la stessa altezza della bambola ed indossa persino un paio di scarpe uguali. Perché di questa bambola vendono bene anche gli accessori.

Le impronte della bambola Chucky nel film La bambola assassina di Tom Holland.

Ovvio che il mondo adulto razionale pensi ad un bambino assassino piuttosto che ad una bambola. E il fatto che Andy dica il contrario aumenta ancor di più la loro certezza sulla sua colpevolezza: è un bambino senza un padre che sta reagendo all’evento in modo sbagliato perché deve avere qualche rotella fuori posto.

Madre e investigatore (Chris Sarandon), neanche a dirlo, si ricrederanno e lotteranno insieme al piccolo per distruggere la bambola.

Ma eliminarla sarà difficile perché la possessione annulla la logica che un oggetto rotto smetta di funzionare.

La bambola assassina esce in un momento in cui la tecnica animatronica faceva passi da gigante. Il momento in cui Chucky (disegnato da Kevin Yagher) prende vita e inizia ad insultare con la faccia incazzata mamma Karen (foto in testa al post) resterà per sempre un grande momento.

Howard Berger, Allen Coulter, Kevin Yagher durante la lavorazione del film La Bambola Assassina (1988) di Tom Holland.

Chucky per ironia della sorte è divenuto pian piano nel tempo, tra sequel, reboot, serie tv e action figures, un vero e proprio prodotto di consumo passando in questo modo dall’altra parte della barricata, trasformandosi in ciò che velatamente il primo film scritto da Don Mancini criticava.

Guarda o acquista La Bambola Assassina di Tom Holland.

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In tempi recenti (2022) la Blumhouse ha portato sul grande schermo la sua versione di Chucky con il film M3GAN di Gerard Johnstone in cui la bambola assassina è un androide progettato per il mercato dei giocattoli dotato di una sofisticata intelligenza artificiale. Balocco che a un certo punto va fuori controllo mandando in malora le regole della robotica di Isaac Asimov secondo le quali un robot non deve recare in nessun caso danno ad un umano.

Guarda o acquista M3GAN di Gerard Johnstone.

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In M3GAN (qui la recensione) si evidenzia molto bene l’attaccamento morboso ed innaturale che Cady (ragazzina da poco orfana affidata alla zia ingegnere) inizia a manifestare verso la bambola. Un legame che diventa presto una vera e propria dipendenza dall’oggetto, a tal punto che quando vengono separati lei (Violet McGraw) sclera come una tossica in astinenza.

Perché come diceva Tyler Durden “gli oggetti che possiedi alla fine ti posseggono.”.

Violet McGraw guarda rapita M3GAN.

Intelligenza artificiale e pupazzi erano già il fulcro, nel 1998, del film Small Soldiers di Joe Dante. Lì uno microchip militare viene impiantato per errore su due linee di giocattoli, una pacifica l’altra molto meno. Toccherà ai giovani Alan e Christy (Gregory Smith e Kirsten Dunst) risolvere la situazione combattendo contro i giocattoli e lo scetticismo del mondo degli adulti.

Guarda Small Soldiers in streaming.

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E diventano il binomio cardine anche del reboot de La Bambola Assassina diretto da Lars Klevberg nel 2019 e scritto da Tyler Burton Smith, sceneggiatore proveniente dal mondo dei videogiochi.

Ad attivare volontariamente la bambola dotata di AI, in modo però che sia pericolosa, è un lavoratore della fabbrica che costruisce i giocattoli perché umiliato dal suo superiore. Industria situata in Vietnam appartenente ad una multinazionale; bambola difettosa che finirà a Detroit in mano al quattordicenne Andy (Gabriel Bateman). Cioè il terzo mondo sfruttato che si ribella, o almeno ci prova, all’arrogante padrone occidentale.

Guarda in streaming La Bambola assassina di Lars Klevberg.

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*: Trilogia del terrore a dir la verità è un film per la televisione.

La seduzione dell’automobile.

La vecchia automobile Christine, inventata da Stephen King e portata sul grande schermo nel 1983 da John Carpenter, con la sua affascinante demoniaca presenza è capace di trasformare l’adolescente imbranato Arnie (Keith Gordon) in un ragazzo popolare che conquista la bella della scuola.

Almeno inizialmente, apparentemente. Perché man mano che la storia va avanti l’auto prende il controllo sul ragazzo trasformandolo nella sua ombra, in uno stronzo sbruffone che ha dimenticato in un baleno lo sfigato che era. Fino a non fargli comprende la letalità della sua gelosa automobile.

Un’auto davvero diabolica che si presenta all’improvviso ad Arnie come la risposta, la soluzione, ai bulli della scuola che lo hanno preso di mira, ai suoi genitori bacchettoni, puritani, vecchi dentro. Anche la musica rock and roll che misteriosamente la sua radio trasmette vuole simboleggiare questa ribellione.

Christine - La macchina infernale, classico horror degli anni '80
Keith Gordon dentro la sua amata auto Christine.

La fascinazione che Christine esercita su Arnie, una seduzione legata al suo possedimento, diventa per il ragazzo una vera e propria dipendenza, come con le droghe, che prima ti fanno toccare il cielo con un dito e poi ti lasciano precipitare giù sfracellandoti al suolo.

Guarda o acquista Christine – La macchina infernale di John Carpenter.

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Prodotti da mangiare e bere, che ti si mangiano e bevono.

Gli oggetti e i prodotti dei film horror anni ’80 che qui vi presentiamo, lo abbiamo già detto, rendono spesso il loro proprietario incapace di vedere l’orrore che dilaga, oppure lo lasciano solo contro tutti, contro lo scetticismo di chi non accetta l’arrivo del male. Sono abili dunque nel ribaltare i ruoli, trasformando l’uomo in un oggetto, in uno strumento per i loro scopi.

Può capitare infatti che dietro i prodotti di consumo che tanto ci acchiappano si nasconda addirittura una cospirazione aliena. È il caso di Stuff: il gelato che uccide (t.o.: The Stuff), pellicola del 1985 scritta e diretta da Larry Cohen in cui un gelato spuntato dal nulla -di cui tutti vanno ghiotti fino alla totale dipendenza– risulta poi essere un organismo extraterrestre che si nutre di corpi umani.

Prodotto alimentare antropofago un po’ come nel film del 1987 Horror in Bowery Street (t.o.: Street trash) (1987) di Jim Muro, in cui un liquore a basso prezzo, scadentissimo, viene consumato dai barboni di New York. La bevanda però rovescia i ruoli e inizia a consumare i clochard che la tracannano sciogliendo l’interno dei loro corpi. Questo perché il Viper in realtà era un’arma non convenzionale che veniva usata in Vietnam.

Un barbone squagliato dal liquore Viper nel film Horror in Bowery Street di Jim Muro.

Accade anche che gli alieni scendano sulla Terra per trasformarci in cibo per la loro catena di fast food, come in Bad Taste – Fuori di testa (1987), dinamico e ironico esordio registico di Peter Jackson (futuro regista della trilogia cinematografica de Il Signore degli anelli).

Doug Wren, capo degli alieni, nel film Bad Taste – Fuori di testa (1987) di Peter Jackson.

La televisione… che felicità!

“Noi siamo stupidi forse e forse tu lo sai
Per questo ci vuoi bene e non ci lasci mai”

Così canta Edoardo Bennato nel suo brano del 1987 La televisione che felicità.

E se fino ad ora abbiamo parlato di cose spuntate quasi sempre dal nulla per conquistarci, il televisore è dagli anni ’50 uno degli oggetti più venduti e presenti nelle case di ognuno di noi. Ed è uno di quei prodotti che, grazie allo sviluppo tecnologico sempre più accelerato, spinge molto sulle prestazioni che offre. Per vedere cosa poi?

Gli anni ’80 televisivi sono stati quelli delle esplosioni delle soap opera, del colore, del corpo della donna come oggetto da esporre, delle televendite, della tv utilizzata per rincitrullire le masse.

Il cinema horror e fantascientifico degli anni ’80 coglie queste cose e dal tubo catodico fa uscire fuori segnali ed esseri mortali, spiriti e cospirazioni.

Nel film del 1983 Videodrome, scritto e diretto da David Cronenberg, dalla televisione pirata che dà il titolo al film vanno in onda immagini estreme di snuff movie che provocano allucinazioni e morte in chi le guarda. Chi diffonde quel segnale vuole ripulire il mondo dagli zozzoni e il prossimo passo è quello di sfruttare le antenne della tv via cavo dell’amorale imprenditore Max Renn.

Videodrome resta in bilico tra realtà e allucinazione, mantiene per tutta la durata ambiguità camminando sul filo del rasoio tra due mondi opposti che vanno sempre più sovrapponendosi. Max Renn (James Woods) oltrepassa quel limite, approda nell’altro mondo, attraversa la soglia, entra nella caverna più oscura e remota. Il suo è un viaggio da cui si torna indietro, se si torna indietro, trasformato per sempre. E la sua presa di coscienza, il suo cambiamento, è sia fisico che mentale, come accade spesso nei body horror. Tutto in un certo senso è doppio ed ha la sua controparte nell’altro mondo, nell’altra realtà.

Le trasformazioni fisiche di Max, disegnate da Rick Baker (Un lupo mannaro americano a Londra) e realizzate da una squadra di talenti come Steve Johnson (Nightmare 4, Freaked – sgorbi) e Bill Sturgeon (L’Armata delle tenebre), sono entrate nella storia del cinema, due in particolare: la sua pancia con lo squarcio verticale che accoglie una pistola, che più in là si fonde con la mano.

Videodrome di David Cronenberg, capolavoro horror degli anni '80
James Woods affonda la sua faccia nelle labbra di Debbie Harry nel film Videodrome di David Cronenberg.

Guarda o acquista Videodrome.

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Chi unisce consumismo e televisione è Halloween III – Il signore della notte, diretto un anno prima da Tommy Lee Wallace: terzo film della saga, l’unico in cui non appare Michael Myers. Antagonista è un imprenditore-scienziato pazzo irlandese deciso ad ammazzare più bambini possibili la notte di Halloween. Il che ci riporta in qualche modo a certe vecchie ma mai superate paure verso il diverso, lo straniero. Per farlo all’inventore occorrono un martellante spot tv con un segnale nascosto e una maschera per bambini contenente un microchip che si attiva con la pubblicità televisiva. Un sistema di trasmissione (e di cospirazione) che ricorda quello utilizzato l’anno dopo da Cronenberg.

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Nello stesso anno di Halloween III, nella produzione hollywoodiana Poltergeist, finanziata da Steven Spielberg e diretta da Tobe Hooper di Non aprite quella porta, la televisione diventa il mezzo utilizzato dai fantasmi che infestano la nuova casa dei Freeling per comunicare con la piccola Carol Anne. La stessa bambina una volta rapita dai poltergeist comunicherà con i suoi famigliari attraverso il tubo catodico. Il che li costringerà a tenere il televisore accesso tutto il tempo sulla così detta “neve”, che equivale all’assenza di segnale.

Quel che non deve passare inosservato in questo classico del cinema horror degli anni ’80 è l’inno nazionale statunitense che chiude la trasmissione televisiva, prima della neve, con le immagini dei suoi soldati a cavallo, poco prima che Carol Anne parli per la prima volta coi fantasmi.

Perché dopo si scoprirà che il nuovo complesso residenziale, dove si è trasferita da poco la famiglia, è stato costruito (senza dire niente a nessuno) sopra un vecchio cimitero indiano e Steve Freeling (ignaro della magagna tant’è che lì ci abita con la sua famiglia) di mestiere fa l’immobiliarista.

Da qui il rancore dei fantasmi verso la sua famiglia, e di rimando verso gli Stati Uniti d’America che hanno fondato le loro ricchezze sulle violenze e gli espropri verso i nativi.

Poltergeist di Tobe Hopper, un classico degli horror anni '80

Guarda o acquista Poltergeist (1982) di Tobe Hooper.

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I poveri nativi americani derubati delle loro terre e dei loro beni sono al centro delle ragioni anche di The Fog di John Carpenter. Lì però l’allusione e di conseguenza la critica è più velata e sottile, non come la densa nebbia che avvolge la colpevole città americana di San Antonio Bay. Ma questo è un discorso da affrontare da un’altra parte.

A proposito di case invece, un quartiere residenziale di nuova costruzione diventa la trappola della coppia (Imogen Poots e Jesse Eisenberg) protagonista del film Vivarium (2019) di Lorcan Finnegan.

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Tornando al nostro argomento, la televisione diventa il mezzo utilizzato da un mostruoso e pericoloso galeotto-rifiuto spaziale per arrivare sul pianeta Terra. L’opportunità gliela dà una cafonissima famiglia americana e la loro nuova parabola satellitare.

Stiamo parlando di Terror Vision – Visioni del terrore, film a basso costo del 1986 scritto e diretto da Ted Nicolaou e prodotto da Charles Band con la sua Empire Pictures.

Una famiglia protagonista che rappresenta il peggio degli Stati Uniti d’America: competitiva ad ogni costo, dove bisogna avere sempre il prodotto all’ultimo grido per vantarsene con tutti. Nucleo sociale che più disfunzionale non si può. Con i genitori (papà Stan è interpretato da Gerrit Graham, il Beef de Il Fantasma del palcoscenico, mamma Raquel è Mary Woronov già vista ne La notte della cometa) che praticano lo scambio di coppia, due figli diversamente problematici, e un nonno rimasto sotto con la guerra.

Il mostro spaziale, che esce ed entra dalle varie tv sempre accese presenti nella lussuosa e kitsch abitazione, ammazzerà tutta la famiglia (più altri sfortunati) ed uscirà infine di casa, iniziando così lo sterminio dell’umanità. Un quadro generale desolante ed apocalittico, raccontato però con ironia e un bel tocco di grottesco, presente anche nell’aspetto della creatura extraterrestre disegnata dal maestro John Carl Buechler e realizzata da un team composto da Robert Kurtzman, John Vulich e Brent Armstrong.

Un mostro che assimila nel suo corpo gli umani ammazzati tirandoli fuori all’occorrenza come delle vere e proprie marionette per ingannare chi resta da uccidere.

Il bizzarro mostro spaziale di Terror Vision – Visioni del terrore.

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Sempre in quell’anno Dario Argento e Lamberto Bava cavalcano l’onda di successo del loro primo Dèmoni con il sequel Dèmoni 2… L’incubo ritorna. E se nel primo il contagio avveniva in una cinema attraverso una maschera promozionale indossata dall’incauta spettatrice Geretta Geretta, nel seguito è un televisore a dare il via alla pandemia con un effetto che omaggia Videodrome.

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Un anno dopo la televisione diventa il mezzo propagandistico di un governo dittatoriale nel film fantascientifico L’implacabile di Paul Michael Glaser.

Un regime totalitario che odia la cultura (quindi il libero pensiero) e per spegnerla manda in onda un reality show chiamato Running Man in cui alcuni galeotti lottano fino alla morte per avere la grazia.

Ambientato negli Stati Uniti del 2019, tratto dal romanzo L’uomo in fuga di Stephen King (di nuovo lui ma con lo pseudonimo Richard Bachman), diretto da Paul Michael Glaser (interpretava Starsky della serie tv Starsky & Hutch), L’implacabile è una feroce satira sul potere della tv di manipolare le masse rendendole ignoranti e fomentando i suoi istinti peggiori, anche attraverso la creazione di fake news rese credibili grazie a fasulli filmati che paiono autentici e veri.

Una trasmissione capace di imbambolare tutte le classi sociali, dai poveracci che scommettono clandestinamente, alle vecchie signore benestanti che confessano emozionate il loro sterminatore preferito.

Ma le bugie del regime e del presentatore Damon Killian verranno a galla grazie ad Arnold Schwarzenegger nel ruolo protagonista di Ben Richards: un pilota militare colpevole di essersi opposto all’ordine di sparare sulla folla disperata che chiedeva cibo e che ora è costretto a partecipare al gioco mortale.

Richard Dawson e Arnold Schwarzenegger nel film L’Implacabile (The Running Man).

Ah tra l’altro, notizia di un po’ di tempo fa: Edgar Wright (la trilogia del cornetto) sta preparando un remake del film che sarà interpretato da Glen Powell.

Guarda o acquista L’implacabile di Paul Michael Glaser.

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Nel 1988 Jeff Lieberman (I carnivori venuti dalla savana, Halloween killer) dirige Kevin Dillon e Deborah Goodrich nel film Videokiller.

La storia (Lieberman è autore anche della sceneggiatura) è quella di un giovane commesso in un negozio di videonoleggio che scopre una invasione aliena che utilizza una videocassetta VHS contenente un film di fantascienza (Remote control, che è anche il titolo originale) degli anni ’50. La cassetta ipnotizza chi la guarda spingendo ad uccidere. A Cosmo, il suo collega George (Christopher Wynne) e Belinda (Deborah Goodrich) il compito di salvare l’umanità dalla cospirazione, prima che la cassetta invada il mercato del mondo.

Conclusioni (si fa per dire).

Il cinema racconta sempre in fin dei conti storie di personaggi in balia delle onde del caos. C’è sempre un evento che sconvolge la quotidianità, un ostacolo da superare, un traguardo da raggiungere, un amore da conquistare, un lutto da elaborare, un antagonista da battere.

Il cinema horror degli anni ’80 si è spesso concentrato sugli oggetti di consumo che smettono di essere utili o piacevoli per rivelarsi mortali.

A pensarci un attimo è una visione del mondo che non cambia rispetto al decennio precedente. Se lì c’era un mostro umano proveniente dagli stessi posti dei protagonisti, negli anni ’80 sono gli oggetti che abbiamo sempre avuto accanto, o che abbiamo sempre desiderato, a rivoltarcisi contro, ribadendo ancora una volta come il male non arrivi da lontano, anzi. Sono oggetti dotati di vita propria e di una loro volontà.

Un po’ come l’hula hoop nel film dei fratelli Coen del 1994 che lanciato da un disperato negoziante inizia a vagare verticale per la città fino ad attirare l’attenzione di un bambino che istintivamente lo prende e inizia a giocarci come se ne fosse un esperto, come se fosse posseduto dalla volontà dell’oggetto, contagiando in un attimo tutti gli altri bambini.

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