A due mesi dalla conclusione del settimo Abruzzo Horror Festival, abbiamo contattato il regista, sceneggiatore, produttore e interprete del lungometraggio in concorso Derico Alex Lucchesi per un’intervista a proposito della sua fatica.
Termine che in questo caso è quanto mai azzeccato, perché Derico non è il tipo di film indipendente che sceglie la strada della sottrazione: poche location, pochi attori, trama lineare. No.
Derico è un film folle nella sua determinazione di mettere insieme una storia e una realizzazione che includono Dante Alighieri, H. P. Lovecraft, nazisti, spionaggio, licantropi, storia di Cristo, stop motion, cartoni animati, inseguimenti a cavallo, numerose location, poliglottismo, parecchi personaggi e altro ancora.
Tra i volti più noti dell’indipendente italiano di genere, in particolare horror e d’azione, Alex Lucchesi per realizzare al meglio Derico mette su un cast e una troupe in parte presa dalla sua precedente regia, il corto western That Dirty Money Bag (2013), ma che si è allargata nel corso degli anni, complici anche altri set come Our Nice Saturday Nights e The Iced Hunter di Davide Cancila nei quali ha pertecipato come attore.
Come è nata l’idea?
Alex Lucchesi: Il prototipo dell’indagatore dell’occulto nasce nel 1998 dove recuperai il nome di Frank Derek pseudonimo che utilizzavo come nomignolo in alcuni videogame del pc, e adattandolo a questo ipotetico investigatore italoamericano realizzando su di lui (con i mezzi scarsi dell’epoca) un primo promo in animazione di circa 2 minuti con la complicità di alcuni amici disegnatori.
Il background sul personaggio della prima versione era leggermente diverso, l’ambientazione del 1938 invece rimaneva la stessa e già allora volevo che in un qualche modo ricorresse nelle sue avventure anche il personaggio di Lovecraft.
Derico è un film parecchio ambizioso. A cominciare dalla storia articolata, ma anche per la sua realizzazione che miscela tecniche diverse realizzate sia “sul posto” che in post-produzione. Come è stato possibile organizzare il tutto? Hai incontrato difficoltà nel tenere insieme tutto questo?
A. L.: Mettere insieme tutta una serie di tecniche è stato possibile solo grazie all’affiatamento del team Falange Oplita e di tutti i collaboratori che con le loro “Arti” hanno reso possibile molti aspetti interessanti di questo progetto volutamente artigianale.
Le difficoltà sono state moltissime alcune alla stregua del termine fantascienza. Volevo che nel film le condizioni climatiche fossero una costante dell’ambientazione di Derico (sindrome da Kurosawa) e solo di per sé questo fatto ha spalmato le riprese su circa tre anni di lavoro, per avere pioggia, neve e quant’altro.
Non sono un amante della computer grafica all’interno di un film e volevo che il tutto fosse il più artigianale e prostetico possibile, volevo lavorare con i modellini e volevo appunto omaggiare tutta una serie di autori da Leone, Kurosawa, Tarantino (e chi più ne ha più ne metta) fino alla realizzazione di effetti in puro stile Harryhausen solo per il gusto di farlo. Senza se e senza ma, e senza nessun compromesso.
Un film pazzo fatto da dei pazzi. (Ulisse volle condurre la ciurma oltre le colonne d’Ercole e per giusto o folle che fu soltanto il tempo gli sarà tosto giudice.).
Quindi semplice non è stato, i più avrebbero mollato ma noi non lo abbiamo fatto e già questo è di per sé una bella storia da raccontare.
Una cosa che mi è piaciuta parecchio è il parallelismo tra l’argento dei 30 denari di Giuda Iscariota e quello utilizzato per ammazzare i licantropi. Dicci qualcosa.
A. L.: Mi piace che ti piace. Durante una ricerca che stavamo facendo su miti e leggende da utilizzare per i vari background dell’universo Derico, Alessio Cherubini, l’interprete dell’agente 220 (nonché curatore insieme a Camilla Daldoss della fotografia del film), mi tirò fuori un aneddoto veramente interessante legato al fatto che l’argento acquisisce certe proprietà benefiche e risolutive proprio perché legate al mito della crocifissione e dei 30 denari ricevuti da Giuda. Scrissi la scena e subito fummo pronti a girarla per inserirla nel film a supporto della parte con il licantropo. Questo perché Derico è un film che si evolve. Se un idea è buona e interessante perché non metterla. Mi piace avere collaboratori operativi.
Parlaci delle cicatrici. Un segno distintivo non solo di Derico ma anche di altri personaggi.
A. L.: Le cicatrici sono il segno della nostra esistenza e ognuno porta le sue. Ogni cicatrice rappresenta una storia: qualcuno le tiene ben celate dentro i confini del cuore mentre altri le mostrano come fossero i vessilli di un glorioso clan di appartenenza. Accettare ciò che si é vuol dire anche cominciare a scrivere la storia del proprio destino.
Nel film sono esasperate e grottesche, volevo che il tutto fosse come un cartone animato anche per omaggiare tutta una serie di anime che fanno parte del passato della mia generazione. Con classici che vanno da Capitan Harlock, Kiashan: il ragazzo androide fino ad un più ben sconosciuto Bem il mostro umano. Ho amato il film di Warren Beatty Dick Tracy che ancora oggi lo reputo uno dei più riusciti cinecomics mai fatti dove il makeup* era grottesco quanto spettacolare. Nel film ci sono anche rimandi a Indiana Jones, altro film che ho amato (una silhouette con il cappello e sei già nel mood). Così anche per Derico tanto di silhouette che va a miscelarsi strada facendo con classici nel campo dei video game come Alone in the dark, Doom e Wolfenstein.
Forse Derico è un prodotto troppo artigianale e obsoleto per far breccia nel cuore di una generazione tutta digitale ma chissà che il tempo (che spesso è un gran signore) non sia proprio dalla nostra.
È un lavoro che, come hai anche sottolineato in una delle domande, vuole essere (nel suo tratto indipendente) molto ambizioso. Un connubio di idee basato su ciò che mi ha ispirato nel passato, mi ha formato nel tempo e che (a mio modo) ho cercato di omaggiare anche spudoratamente, senza tuttavia dover copiare.
Derico non è stato un film semplice da realizzare, le idee che girano intorno al suo universo sono tuttóra molte.
Volevo che fosse anche un grande esperimento nel quale fondere tutta una serie di arti che partono dall’universo della poesia fino a giungere a quello dell’animazione.
Detto con una frase sempre ambiziosa: creare una linea di continuità tra passato, presente e futuro attraverso il genere e il fantastico.
Volevo creare una sorta di criptica indagine dove spingere la curiosità dello spettatore a soffermarsi anche su dei singoli frame per scoprirne i misteri.
Purtroppo questa scelta controcorrente e anomala trova di per sé molti ostacoli, uno su tutti che il film difficilmente sarà apprezzabile ad una sua prima visione. Anzi è molto più plausibile restare interdetti la prima volta che lo si vede. La struttura irregolare non lo rende un prodotto molto fruibile e lo relega ad un più probabile “o lo ami o lo odi”.
Detto questo però resta un lavoro importante per me perché oltre ad aver messo in scena una fantasia personale, mi ha dato l’onore di collaborare con molti professionisti del settore.
Il brano di Alex Fusaro ti entra in testa!
A. L.: Tutta la colonna sonora in Derico insieme alla fotografia sono le parti del film che amo maggiormente. Fusaro è un grande professionista oltre che un buon amico e ha scritto il pezzo Derico: l’indagatore dell’occulto basandosi proprio su alcune sonorità tipiche delle sigle dei cartoni animati anni ’80/’90.
Come si sono divisi i compiti Alessio Cherubini e Camilla Daldoss, i due curatori della fotografia?
A. L.: Era importante che ogni membro del team Falange fosse in grado di rivestire più ruoli visto la natura Odisseiana dell’intero progetto.
Nella scelta delle luci e nell’utilizzo delle ottiche più adatte ad ottenere ciò di cui avevo bisogno (budget permettendo) sono stati entrambi super operativi. Entrambi hanno la capacità di saper scegliere con un ottimo gusto estetico i tagli sull’inquadratura che uniti ad i miei storyboard ci hanno permesso di ottenere immagini molto ricercate creando allo stesso tempo la giusta sinergia del team. Per quanto riguarda il lato attoriale Alessio era già un attore navigato con il quale avevo più volte collaborato oltre ad essere anche un ottimo macchinista di scena all’occorrenza. Insomma uno che non si risparmia.
Camilla invece, oltre ad avere un occhio eccezionale nella cattura di momenti unici grazie al suo innato istinto fotografico, si è rivelata una scelta vincente per la capacità di costruire e risolvere tante delle soluzioni di cui il film necessitava. Dai modellini ad alcuni dei dipinti all’interno del film, dalla sigla con i titoli di testa (seguendo il suo character design) fino alla stop motion della creatura…
Una super donna a tutti gli effetti tanto da rivelarsi una colonna portante dell’intero progetto. Animazione, scultura, cantante e all’occorrenza attrice…che si può chiedere di più!?
Due persone dalla resistenza eccezionale anche nelle situazioni più estreme… i 300 di Leonida!
*: i due truccatori John Caglione Jr. e Doug Drexler vinsero il premio Oscar per il film Dick Tracy (n.d.r.).
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