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[RECENSIONE] Just a Child (Adam Ford)

Con Adam Ford abbiamo parlato (qui) in occasione del suo bellissimo e sconvolgente Torment da poco distribuito in una ultralimited edizione da collezione targata Unearthed Films che ha fatto sold out!
Proprio in questi giorni, durante il Cannes market, la label canadese Darkside Releasing ha presentato il secondo horror da regista di Ford, Just a Child, un horror atmosferico che richiama lo stile dei B-movie italiani anni ’80 e che è ben lontano dagli eccessi del film precedente.

TRAMA: Barbara torna col figlio Bob ed il nuovo compagno, Anthony, nella casa dove visse col precedente marito, ora deceduto.
Il ragazzo è un adolescente disturbato e asociale, Antony un ex soldato autoritario e arrogante e la scelta di trasferirsi in una casa così piena di ricordi del passato si ritorce contro Barbara come un boomerang.
Strani eventi iniziano ad accadere e i rapporti fra i tre si incrinano sempre più, mentre il ragazzo sembra trovare conforto con le visite del padre morto. L’arrivo inatteso di un prete sarà l’elemento scatenante di tutte le tensioni accumulate, fino alla scoperta di una verità assurda e malvagia.

La nostrana Queen dell’horror Chiara Pavoni, nel ruolo di Barbara dimostra di saper giocare di fino con le espressioni e il non detto; Alessandro Feudale incarna perfettamente il ragazzetto a cui vorresti darle di santa ragione anche senza motivo e e Alfonso D’Auria – qui al suo debutto – ci regala una convincente prova attoriale (particolarmente/tristemente fastidiosa la scena dell’autolesionismo sotto la doccia). Fulciana l’apparizione del prete, interpretato da Giorgio Agri, che con la Pavoni invece fece coppia nell’estremissimo segmento Black Cat di Cristopharo, inserito nel corale POE 4.

Curatissima come sempre la fotografia di Cristopharo (qui in veste di produttore assieme a Coulson Rutter della inglese Ulkurzu) che richiama indubbiamente Bava e Franco, mentre la casa… è inquietante al punto giusto, e ricorda tantissimo quella di Amityville Horror.

Il film omaggia i B-movie ed è esso stesso un B-movie: spensierato, leggero, senza pretese autoriali o di voler raccontare chissà che, finalmente ci riporta indietro in quei tempi in cui fare un horror era principalmente creare situazioni e atmosfere paurose senza troppe menate. E se parliamo di atmosfere, non si può non citare la colonna sonora straordinaria di Alexander Cimini (Red Krokodil, Dark Waves, AGP: Sacrifice), pluripremiato oramai veterano dell’horror indie, che sigilla tutte le scene con eleganza, malinconia e un tema d’apertura che vi resterà in testa per giorni.

Strepitoso anche il trucco vintage dello zombie (Federico di Pasquale), che ci regala una visionaria scena di necrofilia.

Lo stile del film e della musica, dichiaratamente anni ’80, ha un curioso cambio di registro nel finale, dove regia, fotografia, recitazione e musica fanno un salto indietro negli anni ’70 stravolgendo tutto l’impianto filmico.
Durata giusta (appena 75 minuti): vola via in un attimo e senza essere un capolavoro, ci lascia in bocca il sapore della soddisfazione, come l’aver rivisto uno di quei film horror pensati per la TV… ma quando la TV ancora sapeva osare!


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