Con questo secondo film Muschietti non vuole dimostrare di essere un bravo regista horror, ma un bravo regista.
Che non è poco… ma nell’horror non basta.
Supportato da un reparto tecnico di altissimo livello (fotografia del pluripremiato Chung-hoon Chung – Lady Vendetta, Oldboy – e scenografia su tutti) e da un cast di giovanissimi e talentuosi attori ben diretti (su tutti Jeremy Ray Taylor nel ruolo di Ben e Sophia Lillis nel complesso ruolo di Beverly) Muschietti si gioca il passe-partout in stile hollywoodiano, ma senza avere la sensibilità di Spielberg… né il coraggio di un Laloggia che su temi infantili e orrorifici, ha giocato con estrema delicatezza e crudeltà nel suo magnifico Scarlatti.
Ogni ripresa è mirata a dimostrare un “lo so fare” ma non a “raccontare”… e IT che è forse fra i migliori e sfaccettatamente complessi romanzi di King, avrebbe necessitato meno virtuosismi e più sostanza. Tutto diventa stucchevole e stereotipato fra musiche pretenziose e dialoghi prevedibilissimi.
Le musiche “paracule” per il pubblico giovanile forse son fra le cose più fastidiose di tutto il film.
Alcuni momenti buoni non mancano (la scena del lebbroso, la sassaiola, il bagno di sangue, l’omicidio del padre di Beverly) ma son troppo pochi su una durata di oltre 2 ore.
Considerato il capolavoro per eccellenza di Stephen King, It è una lunga e sinistra saga corale che si espande tra orrori inquietanti e drammi umani senza speranza, trattando i temi che in seguito diventeranno il simbolo dell’autore: la forza soverchiante della memoria, la profonda incisività dei traumi infantili, il prezzo della violenza occultata dietro una fragile maschera di felicità, la grettezza e la bassezza umana nascosta dietro le apparenze di una ridente e piccola cittadina. Per quanto It sia considerato principalmente un romanzo horror, in esso sono presenti molti elementi comuni al romanzo di formazione. Il romanzo è la storia di sette amici provenienti dalla fittizia città di Derry, nel Maine, ed è raccontata alternando due diversi periodi temporali.
Il film raggiunge la sufficienza per via della qualità tecnica e della scorrevolezza, ma lascia il vuoto. Ogni movimento di macchina diventa prevedibile; sapremo già che ORA CI METTE UN DRONE, ORA IL DOLLY SCENDE SULLA VIA… tutto è accademico, impersonale. E, cosa peggiore, il clown non fa mai paura.
Nel suo sforzarsi di essere spaventoso, Bill Skarsgård nel ruolo di Pennywise manca totalmente l’obiettivo assieme a Andy Muschietti, e sfiorano entrambi il caricaturale. Ogni apparizione è citofonata, prevedibile, anticipata da cambi di musica scontati e… non fa paura.
Laddove il grande (troppo grande) Tim Curry stava stretto nel modesto film TV di Wallace, ci ha comunque regalato comunque una prova recitativa straordinaria: Curry era clown al 100% quando doveva esserlo, per diventare mostro nel momento necessario. Bill Skarsgård invece per tutto il tempo strizza gli occhi e fa la boccuccia cercando di essere minaccioso anche laddove non servirebbe.
Non c’è mai un cambio, è sempre uguale e diventa monotono.
Gli FX invece non sono male, tranne quando si scade nella CGI altalenante… con la quale Muschietti sembra esser fissato dai tempi di La Madre (2013), film che sarebbe riuscito completamente se avessero usato una attrice e del buon make up.
A proposito de La Madre, anche in It una figura dichiaratamente ispirata alla pittura di Modigliani è presente nel film.
Sostenuto da una notevole campagna di Marketing (davvero azzeccata) il film è stato campione di incassi, ma ha lasciato anche tanto amaro in bocca.
Ora con la lavorazione del capitolo 2, stan tentando di nuovo la carta del creare HYPE con “le scene più sanguinose mai viste” etc ma diciamo che oramai queste cose han davvero rotto le scatole e non ci crede più nessuno.
Speriamo Muschietti metta da parte la forma per dedicarsi solo alla sostanza. Con questo romanzo di King, la sostanza c’era ma diciamo che in altre mani, magari con meno soldi e meno virtuosismi (e meno voglia di piacere a un pubblico di famiglie per la gioia dei botteghini) avremmo avuto un capolavoro.
Salve! Io mi chiamo Antonietta Masina e… già, con un nome così, non potevo che amare il cinema.
Son quindi cresciuta fra scherzi, assonanze e rimandi…ad una delle attrici (e muse) più immense; non potevo non conoscere lei (Ovvio, parlo di Giulietta Masina!) ed i film che ha interpretato; grandi film di uno dei più grandi registi di tutti i tempi.
Alle medie, il mio nome venne rielaborato dai compagni di classe in “Antonomasia” e, mentre le altre bambine giocavano con i principi azzurri, io sognavo… sognavo quei cappelli, quei costumi, quei colori… che mi portavano su altri piani di realtà nonostante Fellini stesso affermasse “Non voglio dimostrare niente, voglio mostrare.”
Ai tempi del liceo poi, si parlava spesso con amici su quale fosse la “Birra per Antonomasia”, “la Canzone per Antonomasia” o “il Film per Antonomasia”… che quasi predestinata, scelsi poi di studiare comunicazione per poter lavorare in questo campo, e far sì che “Antonomasia” in persona potesse rispondere alle loro domande!
Chi scrive è una ragazza, anzi, una “persona” che ama il cinema; Il cinema quello fatto con passione, con serietà, ma non seriosità; il cinema condiviso e discusso con chi lo ama, con chi va al cinema (e andare al cinema è come andare in Chiesa per me, con la differenza che la Chiesa non consente il dibattito, il cinema sì).
Ho una forte predilezione per il cinema fantastico ed horror, il mio fine non è solo quello di condividere i miei pensieri o recensire un film specifico (NON sono un critico, né conosco tutto… anzi, ho molti limiti e carenze che spero di colmare), ma anche discutere sulle motivazioni ed i sottotesti di interi generi.
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