C’è tutto un sapore d’altri tempi in The Void – Il Vuoto.
Un gruppo bloccato in un ospedale da forze oscure, brutali e misteriose presenti sia fuori per impedirgli di uscire e fuggire, sia dentro. Da una parte c’è quindi l’assedio presente in tanti film di Carpenter, da Distretto 13 fino a Il Signore del Male con le sentinelle simil KKK appostate fuori ad impedire ogni tentativo di fuga.
Dentro intrappolati ci sono un poliziotto (Aaron Poole) e il tizio sconvolto (anche nel senso di fattone) che ha soccorso (Evan Stern), un medico (Kenneth Welsh), un’infermiera (Stephanie Belding), un ragazzo ricoverato (Matthew Kennedy), la ex del poliziotto (Kathleen Munroe), una ragazza (Grace Munro) che deve partorire accompagnata dal nonno (James Millington), una tirocinante infermiera (Ellen Wong) e due tizi piuttosto armati che si credono giustizieri.
E c’è una forza oscura difficile da contrastare presente all’interno del luogo assediato, che è un altro concetto tanto caro al cinema horror/politico degli anni ’70 perché voleva simboleggiare che il male non è da ricercare nel diverso, nell’invasore, nell’altro che viene da fuori e da lontano ma si trova all’interno del gruppo e della comunità che in quel posto vive da sempre. In altre parole, banali, il male è dentro di noi.
E qui entra in gioco un ulteriore argomento perché il personaggio che dall’interno diffonde “l’epidemia del male” per farlo ha abbracciato addirittura una setta, una religione (con tanto di classico triangolo) che (come tante altre) promette il ritorno, la resurrezione, il ricomincio da capo. Come e perché resta vago, suggerisce roba da fantascienza apocalittica, robe da un altro mondo (anche sessualmente perverse), ma mette dentro anche un guru religioso che inganna per ottenere il suo scopo.
Questo potrebbe essere il pensiero dei due registi e sceneggiatori Jeremy Gillespie e Steven Kostanski: le religioni sono tutte una grossa truffa, magari quello che dicono è vero, magari esiste davvero un aldilà dove tutto è possibile, ma chi le diffonde ha un suo scopo che spesso di nobile ha ben poco e se ce l’ha lo perde per i modi che applica per ottenerlo. La ferita, il trauma e il lutto il guru vuole eliminarli in tutti i modi, fregandosene delle conseguenze e degli altri che incontra sul suo cammino, anzi usandoli per il suo scopo.
John Carpenter e il suo Il Signore del Male è presente anche per il portale che mette in comunicazione i due mondi. Mentre le strane creature vagamente antropomorfe ricordano La Cosa, anche per la loro realizzazione vecchia scuola curata da Sean Sansom e Chris Vick.
Non c’è solo Carpenter tra i vari rimandi presenti in The Void – Il Vuoto: sulle poco chiare modalità della religione viene in mente anche Hellraiser perché per conoscere la vera verità occorre fare qualche sacrificio come quello di cambiare (letteralmente e quindi metaforicamente) pelle.
Tutto questo, e la lotta del gruppo (anche con i fantasmi del loro passato) dentro l’ospedale fin sotto i sotterranei per uscire vivo, è raccontato senza troppi intoppi fino a quel finale disperato e apocalittico in cui in un sol colpo si citano di nuovo Il Signore del Male ma soprattutto L’Aldilà di Lucio Fulci.
Gillespie e Kostanski dimostrano non solo di conoscere gli argomenti apocalisse, sette religiose, claustrofobia e assedio, ma li apprezzano con sincerità e li usano per esporre una visione della vita onirica e allucinante, poco mainstream e nient’affatto rosea.
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