Periodo d’oro per bambole e affini nel cinema fantastico, e allora perché non dedicare una rapida carrellata ai film che le han promosse a muse ispiratrici?
Tralascerò alcune terrificanti ed efficaci bambole che han solo una breve incursione all’interno dei film (ma voglio comunque citare: il bambolotto meccanico di Profondo Rosso, l’ormai famosa Annabelle di The Conjuring, la scena delle bambole in Chi Sei?, l’inizio de In Compagnia dei Lupi ed il terrificante clown di Poltergeist) per dedicarmi a quei titoli (noti e meno noti) che le vedono protagoniste assolute.
La paura delle bambole ha un nome scientifico: si chiama pediofobia, a sua volta una sottospecie del terrore che alcuni nutrono per automi, robot, statue di cera – tutto ciò che ha le fattezze di un essere vivente senza esserlo – la cosiddetta automatonofobia. Anche chi non è affetto da vera fobia, non può negare di esser stato turbato almeno una volta nella vita, dalla visione di una qualche bambola particolarmente inquietante.
Perché le bambole ci fanno così paura?
Freud ha ben descritto come i bambini nell’età dei primi giochi, non distinguano nettamente ciò che è vivo da ciò che non lo è, trattando bambole e feticci come esseri viventi; accettando il presupposto che il feticcio sia stato una fonte di terrore o un doppio idealizzato su cui proiettare qualità negative, allora bisogna considerare che i film possano provocare in alcuni spettatori il ritorno del rimosso che, a causa del confine tra realtà e finzione divenuto labile, si ripresenta come un demone da eliminare.
Questo è un tema che approfondisco nel mio blog IL CINEMA PER ANTONOMASIA nell’articolo L’orrore come la rappresentazione scenica e adulta delle paure dell’infanzia (link).
Come ha detto John Leonetti, regista del poco riuscito Annabelle “le bambole sono figure umane ma mancano di emozioni. In pratica sono gusci vuoti.” Insomma sono uno spazio che può essere riempito e quindi perché non da malvagità o demoni?
Vediamone alcune, fra le più riuscite.
The Pit di Lew Leham (1981).
Un film che divide il pubblico fra lovers and haters, ma considerato unanimenmente un cult. La bambola è qui un orsacchiotto che spinge un adolescente in piena pubertà a sbarazzarsi delle persone che gli sono scomode dandole in pasto a dei mostri carnivori che vivono in fondo ad un pozzo.
Il Mostro e le vergini (Devil Doll) di Lindsay Shonteff (1964).
Ha tutti gli elementi che influenzeranno film successivi come La Bambola Assassina, Dead Silence, Puppet Master e Magic. È la storia del ventriloquo Vorelli e del suo fantoccio Hugo, che si scopre ben presto essere un’anima intrappolata dal Vorelli nel corpo della bambola. Film pionieristico, non perfettamente riuscito, ma fondamentale nel filone per la massiccia presenza di elementi archetipici.
Magic di Richard Attenborough (1978).
Un giovane Anthony Hopkins presta qui le fattezze, il talento e la voce al personaggio principale del film (un ventriloquo) succube del suo pupazzo di nome Fats. Film autoriale, un po’ lento, estremamente drammatico… una discesa negli inferi di una triste, mente malata.
Puppet Master di David Schmoeller.
Film del 1989 che ha dato vita a una saga di ben 12 film di cui l’ultimo Puppet Master: The Littlest Reich uscito proprio questo anno. Ambientato durante la seconda guerra mondiale, anche qui abbiamo la trama di un burattinaio e delle sue preziose creature, nelle quali si nasconde il segreto della vita eterna.
The Boy di William Brent Bell.
Una trama abbastanza originale per un film molto discusso (e discutibile) che si perde purtroppo nel finale. Davvero inquietante nella sua staticità il bambolotto Brahms, che prende vita grazie alla sapiente regia. Sebbene la bambola sia solo una sorta di “proiezione” passiva del vero malvagio del film, risulta comunque una figura efficace che merita il suo posto nella lista.
Chi c’è in fondo a quella scala… (Pin) di Sandor Stern (1988).
In assoluto uno dei miei preferiti; questo semisconosciuto horror canadese è davvero una piccola perla introvabile, che vanta atmosfere dense ed idee davvero originali: Il dr. Linden ha un manichino nel suo ufficio che ha nominato Pin e lo usa per insegnare – attraverso il ventriloquismo – ai suoi 2 figli le funzioni anatomiche. Ciò che non sa è che Leon (il figlio maschio) è mentalmente instabile e crede che PIN sia davvero un essere vivente.
Dolls di Stuart Gordon (1987).
Altra perla, fra i miei film sull’argomento favoriti anche per gli effetti speciali che, diciamocelo fieramente, vantano per una buona parte elementi di crew italiana! Prodotto da Brian Yuzna in uno dei periodi migliori per l’horror mondiale, fu girato a Roma, ed ebbe uno straordinario successo che però fu ben presto offuscato dall’uscita di La Bambola Assassina. La trama vede un gruppo di sventurati con l’auto in panne, chiedere ospitalità in una vecchia e desolata casa abitata da due strani personaggi e tante bambole. Scopriranno ben presto che le bambole sono vive e han potere di trasformare in bambole coloro che vengono uccisi. C’è una morale però: queste bambole uccidono solamente le persone che hanno una visione del mondo materialista e che privano gli altri della loro fantasia.
La bambola assassina (Child’s play) di Tom Holland (1988).
Il suo successo ha generato ben 6 sequel non tutti eccelsi. Ha come personaggio principale una bambola di nome Chucky, all’interno della quale un serial-killer ha trasferito la sua anima in punto di morte grazie a un sortilegio vodoo; il suo unico scopo è ora quello di rientrare in un corpo umano in breve tempo, altrimenti rimarrà intrappolato per sempre nel pupazzo. Se il primo film vantava elementi anche psicologici, i film horror successivi abbondano di elementi “slasher” e grotteschi che spesso cadono nel ridicolo involontario.
La bambola che uccide (Dolly dearest) di Maria Lease (1991).
Si può considerare la versione “femminile” di Chucky, e racconta la storia di una fabbrica di bambole in Messico costruita su un terreno che nasconde la tomba Maya del demone Sanzia. Ben presto i demoni occuperanno le bambole per tormentare la figlia del protagonista, sconfinando nel filone delle possessioni. Trash, baraccone e a tratti inquietante!
Trilogia del terrore (Trilogy of terror) di Dan Curtis.
È un film horror in 3 episodi, dedicati ognuno a 3 diverse donne (di cui i segmenti portano il nome) interpretate tutte magistralmente da Karen Black… a noi interessa solo l’ultima parte, quella intitolata AMELIA… e che ha tolto il sonno a intere generazioni grazie alla presenza dell’ineguagliabile bambola feticcio Zuni. Essendo un prodotto nato per la TV, il film presenta tutti i limiti del caso: niente eccessi, niente sangue e svolgimento politicamente corretto. I primi due segmenti di Trilogia del terrore son abbastanza dimenticabili, mentre ciò che rende l’opera un cult è il riuscitissimo segmento finale in cui Curtis si sfoga e dà vita (in tutti i sensi) ad un fantoccio grottesco tanto quanto cattivo ed inquietante. Solo pensare al finale, ho i brividi addosso.
E a voi, quali bambole han fatto paura?
Salve! Io mi chiamo Antonietta Masina e… già, con un nome così, non potevo che amare il cinema.
Son quindi cresciuta fra scherzi, assonanze e rimandi…ad una delle attrici (e muse) più immense; non potevo non conoscere lei (Ovvio, parlo di Giulietta Masina!) ed i film che ha interpretato; grandi film di uno dei più grandi registi di tutti i tempi.
Alle medie, il mio nome venne rielaborato dai compagni di classe in “Antonomasia” e, mentre le altre bambine giocavano con i principi azzurri, io sognavo… sognavo quei cappelli, quei costumi, quei colori… che mi portavano su altri piani di realtà nonostante Fellini stesso affermasse “Non voglio dimostrare niente, voglio mostrare.”
Ai tempi del liceo poi, si parlava spesso con amici su quale fosse la “Birra per Antonomasia”, “la Canzone per Antonomasia” o “il Film per Antonomasia”… che quasi predestinata, scelsi poi di studiare comunicazione per poter lavorare in questo campo, e far sì che “Antonomasia” in persona potesse rispondere alle loro domande!
Chi scrive è una ragazza, anzi, una “persona” che ama il cinema; Il cinema quello fatto con passione, con serietà, ma non seriosità; il cinema condiviso e discusso con chi lo ama, con chi va al cinema (e andare al cinema è come andare in Chiesa per me, con la differenza che la Chiesa non consente il dibattito, il cinema sì).
Ho una forte predilezione per il cinema fantastico ed horror, il mio fine non è solo quello di condividere i miei pensieri o recensire un film specifico (NON sono un critico, né conosco tutto… anzi, ho molti limiti e carenze che spero di colmare), ma anche discutere sulle motivazioni ed i sottotesti di interi generi.
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