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[RECENSIONE] P.O.E. – Pieces Of Eldritch (P.O.E. 3, AA.VV.)

Nel 2010 vedeva luce in Italia un gioiellino innovativo e carico di speranze, un film indipendente intitolato P.O.E. Sigla che richiama il nome di Edgar Allan l’immortale genio del terrore, ma che sta invece per Poetry Of Eerie ossia “poesia del lugubre”.

Alla poetica dell’autore di Boston si ispiravano infatti quei 13 episodi, più che ai racconti stessi, di cui inglobavano le cellule vitali per dare luce a nuove creature ibride, riflettenti le personali identità dei registi. Documentaristi, Videoartisti, Autori horror – e non solo – si son stretti amichevolmente attorno ad una scommessa: realizzare in 3 giorni e senza soldi, ognuno un episodio filmico ispirato ai racconti di Poe. Le idee, si sa, non costano nulla. E di idee ce ne son tante e da vendere.

Il film ebbe in Italia, perfino una tardiva uscita in sala, che gli costò il divieto ai minori di 18 anni facendolo entrare nella incredibile lista dei 24 film vietati nel bel paese, negli ultimi 10 anni.

Uscito in USA grazie alla storica label ELITE nel 2011, P.O.E. diventa inconsapevole precursore di una serie di fortunate operazioni simili che escono nel 2012 (V/H/S o ABC of Death) unendosi al coro col pluripremiato, sanguinoso e ricercatissimo P.O.E. 2 (stavolta: Project Of Evil in soli 7 episodi) che, indagando stavolta gli aspetti più macabri di Poe, guadagna perfino l’edizione da collezione prestigiosissima della ILLUSIONS (con 3 copertine selezionabili)!

Arriviamo quindi nel 2014 al terzo capitolo, che vedrà la luce però solo nel 2017 grazie alla lungimiranza della WILDEYE RELEASING; un terzo capitolo che differisce dai primi due per la presenza di un narratore bislacco, l’icona horror Venantino Venantini che, in uno studio TV dall’aria anni ’70, introduce brevemente ed auto-ironicamente i 6 episodi in un inglese maccheronico divertitissimo.

Eldritch, strano… sovrannaturale. Soprattutto, strano.
Ed è la stranezza che fa da padrona negli episodi di questo film, che vede presenti solo Edo Tagliavini e Domiziano Cristopharo (che è anche il creatore della serie, assieme a Giovanni Pianigiani) come registi più “esperti” dai precedenti capitoli, lasciando spazio a cineasti “emergenti” da cui si respira grande cultura e forza visiva.

Il primo Segmento è una trasposizione in chiave fetish (e incestuosa) di Morella. Ricky Caruso sfrutta bene attori con facce più che giuste, e si destreggia fra sapori morbosi inquietanti, toni stuzzicanti, e valorizzando il tutto con un impianto sonoro azzeccatissimo e la scelta di una ottima fotografia che richiama i classici italiani degli anni ’70 senza copiarli.

Di Morella (come è nello stile dei P.O.E.) c’è solo lo spirito, lo spunto… e – aggiungo – per fortuna! Tutti noi che amiamo l’horror, conosciamo bene i racconti di Poe da non aver bisogno di una mera trasposizione… e chi non li ha letti, beh troverà forse la voglia di andarlo poi a fare!

Difficile raccontare pochi minuti di un cortometraggio senza “spoilerare troppo” quindi posso solo dire che aprire il film con questo episodio è una mossa azzeccata, e ci consente di entrare lentamente nel giusto clima; di Caruso invito a ri-scoprire il suo Naftalina.

Segue Re Peste di Alessandro Redaelli, un giovanissimo autore che si è fatto le ossa seguendo Cristopharo nelle sue scorribande più estreme (Red Krokodil), e di cui si possono trovare alcuni affascinanti corti online. Metateatro, Metacinema, Poesia, Dramma, Grottesco… forse nel film questo episodio è il più fedele al racconto “testuale”, oltre che allo spirito di Poe… ma è il meno fedele al mezzo cinema, al punto da tradirlo così tanto… che riesce a farlo suo con un linguaggio che, se non nuovo, è almeno davvero inusuale per i giorni nostri, ed è qui sfruttato con intelligenza e sentimento.

Bravi tutti, dalla fotografia al make up, dagli attori ai costumi alle musiche. Di Redaelli esiste anche l’episodio nel film Shock my abstraction of death, film in 2 parti da recuperare… ma solo se si è fan del thriller garbato, da seguire e con pochi effettacci.

L’inglese traballante di Venantino viene messo duramente alla prova dai versi solenni del più cupo dei racconti di Poe, Il Barile di Amontillado… capiamo così che sarà quello il prossimo viaggio che ci aspetta… e a farci viaggiare è stavolta Domiziano Cristopharo, un regista che amo e che seguo dal 2010, che ha una produzione discontinua (a film indubbiamente “ottimi” si affiancano anche esperimenti meno riusciti), ma mai scontata e sempre piacevole da seguire. Una produzione che non vuole compiacere e, spesso, forse… nemmeno piacere a tutti.

Vediamo qui indubbiamente ciò che per l’autore accade dopo la vendetta del famoso racconto, vendetta che forse intuiamo essere stata effettuata stavolta a causa del sospetto di pedofilia.
Claustrofobico, triste: minuto dopo minuto vediamo spegnersi la vita (e la candela) di un prigioniero, man mano che viene a mancare l’ossigeno nella sua tomba. Quello che accade dopo però è pura, cupa poesia.
Di tutta la produzione di Cristopharo consiglio indubbiamente il recente Red Krokodil.

Segue quindi un episodio thriller, per uno dei racconti generalmente meno sfruttati di Poe: Sei tu il colpevole. Francesco Campanini si è fatto notare nell’ambiente horror italiano (e non) grazie al suo LA CASA NEL VENTO DEI MORTI, un film insolito grottesco e violento che ha momenti davvero godibili.
Campanini conferma gusto e passione per la natura, che usa come contrappunto “bello” agli orrori ed “errori” che sono dell’uomo.

Il suo episodio è un compito ben eseguito, ma che forse stona un po’ nel complesso generale proprio perchè è quello che segue più fedelmente la trasposizione filmica del racconto originale. Una dose di follia in più non avrebbe assolutamente guastato, ma il suo corto funziona anche come momento di respiro dopo il brainstorm creato dai precedenti episodi.

Penultimo nella lista – ma non per fama e prolificità – Edo Tagliavini, che reinterpreta stavolta una poesia di Poe, Ombra.

Protagonista della storia una bambina (interpretata dalla figlia dello stesso regista) che ci porta per mano in una favola triste che diventa apologo e metafora della solitudine. Toccante, sperimentale nell’uso dei grandangoli, accompagnato da un commento musicale essenziale e da efficaci e gustose trovate (la TV che trasmette immagini caleidoscopiche, ad ipnotizzare e rimbambire chi guarda). Cominciamo a capire che forse quello che stiamo guardando non è solo un horror… forse non è nemmeno un horror; è però un’opera fatta con amore, con coraggio e… anche con un po’ di rabbia.

Un’opera che fa riflettere oltre che intrattenere, un’opera che riempie gli occhi di bellezza, per la cura dei dettagli e delle luci, per l’attenzione data alla recitazione e ai costumi… dettagli che spesso non si fan più “sentire” nemmeno nelle grandi produzioni, e che qui irrompono con prepotenza proprio perchè è altrettanto palese che questo film è fatto quasi con niente.

Di Tagliavini è recuperabile in home video BLOODLINE un divertentissimo “pastiche” in cui trovate di tutto… dai fantasmi ai serial killer agli zombie!

Il cuore batte forte per l’emozione e un po’ per la tristezza di giungere quasi alla fine… ed inizia infatti l’ultimo episodio: Non scommettere la testa col diavolo di Mirko Virgili.

Virgili è un fenomeno del web, un regista di culto… anche se lo sanno in pochi, per vie ufficiali; nelle vie non ufficiali invece, il suo Ganja Fiction ha raggiunto sul “TUBO” oramai le 946000 visualizzazioni.
Prima di lui, fu Fellini a reinterpretare il racconto di Poe per il film “Tre passi nel delirio”. Toby Dammit, così è intitolato il segmento felliniano, è forse uno degli esempi più alti della creatività e bellezza che ha potuto raggiungere il cinema italiano, assieme a Cosa sono le nuvole di Pasolini.

Ma Virgili non teme il confronto perchè intelligentemente si distacca totalmente dal suo predecessore, mantenendo fede allo spirito del racconto e trasportandolo ai giorni nostri proprio sul tema dei “fenomeni del web”.

Regia essenziale, fotografia “baviana” ed ottimi interpreti fra cui una guest star d’eccezione: il Frank Laloggia regista del cult Lady in White (da noi uscito come Scarlatti) che ci regala una prova recitativa da fuoriclasse. Belli i giochi di sguardi, bello l’ambiente sonoro, efficaci gli effetti speciali “gore”. Anche qui, la storia che apparentemente sembra la più leggera, si chiude invece con uno o più spunti di riflessione… e mentre Venantino ci dà la buonanotte, dubbioso che la sua performance sia stata buona, noi godiamo lo scorrere dei titoli di coda accompagnati dal tema “carpenteriano” composto da Kristian Sensini che è oramai la musica simbolo che lega i titoli di coda dei 3 P.O.E. e… si resta soddisfatti da questo film, sì.

Ciò che lascia insoddisfatti è invece il pensare che esca in USA dopo oltre 2 anni di oblio, mentre qui continuiamo ad essere invasi in sala e in home video da prodotti discutibili, provenienti sia dall’estero che dal nostro bel paese.

Son fiera del coraggio di questi ragazzi, mi entusiasmo con la loro evidente passione… a loro dico di tenere duro perchè NOI, noi spettatori che li amiamo, ci siamo. Forse non lo sanno, perchè in Italia gridano più forte gli haters che le persone che han una testa ed una cultura… ma ci siamo e siamo con loro.

L’unico cinema che l’italia oggi esporta è il cinema “povero” di mezzi, ma non di idee… film come questi continuano a tenere alta la bandiera di una tradizione e cultura che oramai è stata fagocitata da una industria talmente ignorante, che ha dimenticato anche dove sta andando per inseguire l’idea del denaro (senza nemmeno trovarlo).

P.O.E. 3 Pieces Of Eldritch – DA VEDERE!

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