Ero rimasto deluso dalle ultime prove di M. Night Shyamalan (E venne il giorno, L’ultimo dominatore dell’aria, After earth) tanto quanto ero invece rimasto entusiasta dalle sue prime prove (Il sesto senso, Signs, Unbreakable, The Village). Perché allora mi sono ritrovato di nuovo al cinema a vedere The visit? Per alcune ottime ragioni.
La prima è sapere che il progetto era sponsorizzato Blumhouse, sinonimo di “piccoli” budget coi quali Shyamalan ha sempre dato il meglio, riuscendo a coniugare idee semplici e efficaci con uno stile originale e affascinante.
La seconda è il trailer, dal quale avevo ricevuto conforto rispetto alle ipotesi di cui sopra e che mi aveva dato qualche brivido.
La terza è che i primi amori non si scordano mai.
Com’è allora The visit?
E’ un horror particolare che alterna momenti comici a momenti di vera paura, di quella classica, di quella che ti aspetti di provare quando entri al cinema da amante del brivido lungo la schiena. Niente di troppo originale a dir la verità… però il colpo di scena arriva al momento giusto, non ci si prende troppo sul serio e la storia scorre senza i voli pindarici della maggior parte dei film del genere, compresi quelli prodotti dalla Blumhouse.
Così, M. Night Shyamalan ha riacceso la fiamma e si è guadagnato un’altra possibilità. D’altra parte in questa intervista promozionale lui stesso sostiene che questo film rappresenti una rinascita. La speranza di rivedere un suo capolavoro non è ancora morta.
Il cinema ci allena a guardare il mondo con distacco, eppur col massimo coinvolgimento. A immaginare, potendo pur tornare alla realtà. A giocare col fuoco, bruciandoci quel tanto che basta a farci sentire vivi. Sono un formatore in competenze relazionali, appassionato di racconti e di sviluppo personale.
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