Prima di The Rocky Horror Picture Show e di Eraserhead, prima di tutti. Per El Topo è stato coniato il termine “midnight movies”. Per un anno è rimasto in programmazione nelle sale underground e d’essai di New York, pubblicizzato da star entusiaste come John Lennon.
El Topo è un western atipico che prende dal genere solo alcuni aspetti, ad esempio con il suo protagonista pistolero solitario che decide di fare piazza pulita dai cattivi. Il resto però è decisamente diverso e lo allontana dai canoni. Molte le situazioni assurde, spassose, musicali, decisamente originale il modo in cui e perché il pistolero cambia modo di pensare facendosi paladino dei deboli. A El topo sembra andare stretto il cinema come mezzo di comunicazione così come lo si conosceva.
Alejandro Jodorowsky tenta nuove strade che combinano il cinema con il teatro moderno, l’utilizzo dell’happening, ed antico, attraverso ad esempio il linguaggio del mimo che ha studiato con Marcel Marceau.
L’idea di cinema di Jodorowsky predeve un coinvolgimento totale da parte dello spettatore: vengono chiamati in causa tutti e cinque i sensi. Anche quelli meno cinematografici come il tatto sono tenuti in considerazione attraverso suggerimenti, espedienti, per esempio diventano caratteristiche di alcuni personaggi che attraverso il tatto esprimono la loro personalità, pensiamo al pistolero dell’inizio che costruisce la sagoma di una donna utilizzando dei sassolini.
Il sonoro ha ovviamente un ruolo importante. Le musiche sono discordanti eppure dal contrasto nascono nuovi significati, come ci aveva insegnato anche Stanley Kubrick con il suo 2001: odissea nello spazio. Non ci sono solamente le classiche musiche da western, solenni, massicce. Capita sovente di ascoltare una musica più leggera, meno impegnata, che lì lì ci spiazza facendoci temere di trovarci di fronte ad una boiata di film pazzesca, basta però aspettare pochi secondi per capire che quelle strane musiche sono capaci di reggere la scena, anzi ci aiutano a capire (inquadrare) meglio gli strani personaggi che accompagnano.
Non solo le musiche, anche i suoni non sono utilizzati in modo convenzionale ma risentono di influenze artistiche extra cinematografiche. Forse è per questi motivi che El topo ha tra i suoi estimatori parecchi musicisti: non solo John Lennon e Yoko Ono, anche Bob Dylan, Peter Gabriel e Marilyn Manson hanno dichiarato di amare il film. E ovviamente ci sono le immagini spesso dominate dal rosso simbolo di vita e morte, argomenti cardine non solo di questo film ma dell’intera filmografia di Jodorowsy.
El topo è un’esperienza che ancora oggi, come quaranta anni fa, suscita pareri discordanti. Pochi i critici che all’epoca apprezzarono il film e il suo regista cileno. Non solo vita e morte: sesso, religione, o meglio spirituale, sono alcuni degli altri temi che il film affronta con partecipazione e divertimento. Quello di Jodorowsky è un cinema onirico, surreale, alla ricerca di strade nuove nel tentativo di dare risposte a domande ancestrali e forse la risposta, se c’è, è da individuare il quel cerchio finale in cui vita e morte tutto fanno finire e, allo stesso tempo, ricominciare.
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