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[RECENSIONE] Drive (Nicolas Winding Refn)

Ce ne sarebbe di roba da scrivere a proposito di Drive di Nicolas Winding Refn. A partire dalla scena della rapina, all’inizio del film. Non sentivo battere forte così il mio cuore a cinema da un sacco di tempo. Non riuscivo proprio a non partecipare emotivamente, a dirmi con convinzione è solo un film, impossibile pensarlo. Una scena che presenta il nostro protagonista signor nessuno asso del volante, meccanico, stuntman e all’occorrenza, per l’appunto, autista per rapine.

La sua unica regola è che ti aspetta per cinque minuti a bordo della sua Chevy Malibu dopo di che se ne va, qualunque cosa accada. Nella scena dimostra di essere attrezzato dei macchinari giusti (una comune auto californiana truccata però fino al midollo, una radio sulle frequenze degli sbirri) di saper guidare più che bene e di avere anche una certa sfrontata intelligenza nel seminare varie pattuglie compreso un elicottero. Tutto finirà bene, ma quanto abbiamo invidiato il sangue freddo dell’autista che ascoltava oltre che le intercettazioni della centrale della polizia anche la telecronaca di una partita?

Poi per il nostro eroe tutto cambia, conosce la sua vicina di casa e se ne innamora, anche se ha un figlio avuto da un uomo che sta uscendo di galera, anzi decide di aiutare l’uomo a togliersi un debito e lo fa nel modo migliore che gli riesce ma le cose per il nostro iniziano da quel momento a complicarsi e quindi non vado oltre.

Potrei parlare allora dell’uso massiccio in Drive del synth sia nella musica di repertorio già esistente (KavinskyCollege, ma anche Oh my love di Riz Ortolani dalla OST di Addio zio Tom) che in quella composta per l’occasione da Cliff Martinez (lo stesso di Contagion). Un suono che riesce veramente ad entrare nella storia e nei personaggi. A tal proposito: un po ‘ tutti hanno parlato di un ritorno all’estetica anni ’80. Ci sta tutto e non solo per l’uso del sintetizzatore.

È soprattutto la scelta di certi temi e di certi luoghi che richiama a un certo tipo di cinema degli anni ’80 ma anche ’70 se vogliamo dirla tutta. Pensiamo a Taxi Driver e più di qualche analogia salta agli occhi persino a me, mettiamoci dentro anche i vari Giustizieri della notte, questi sì puri anni ’80. Prendete tutto questo e dimenticatelo pure: la Los Angeles noir che si vede nella pellicola non assomiglia a quella di altri film, Drive è una cosa nuova con un non saprei di retrò, un caso isolato all’interno di un genere che oramai da decenni non prova minimamente a dire niente di nuovo.

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